Archivi del mese: settembre 2012

Il gusto speciale e antico dello “street food” (in Festival a Cesena)


Alcuni dei ricordi gastronomici più belli delle mie vacanze sono legati al “cibo di strada”: gli hot dog newyorkesi  durante le lunghe passeggiate per Central Park, il chapati indiano scoperto a Mandalay, in Birmania, e le panelle di Palermo sulla piazza davanti alla celebre Focacceria San Francesco. Bocconi, con un gusto speciale, che raccontano storia, tradizioni e carattere del loro luogo d’origine. Non solo al turista. Anche nella capitale, dove sono nata, lo street food regala grandi soddisfazioni. I panini con la salsiccia più buoni della città, li fa lo Zozzone, banchetto malandato che compare nottetempo su uno slargo di Corso Francia, chiuso due anni fa per motivi igienici e riaperto poco dopo per le proteste dei tanti affezionati. E che dire della grattachecca di Sora Lella, su Lungotevere, davanti all’Isola Tiberina, in uno degli scenari più belli del centro storico? Fare una sosta lì, significa rendere omaggio alla storia millenaria di Ponte Cestio, di Trastevere o del Ghetto (dipende da che parte si sceglie di passeggiare – grattachecca in mano – dopo la sosta).  Mangiare per strada, quando non è una scelta imposta dalla frenesia dei tempi moderni, ci riporta all’essenzialità del gusto, a un rapporto privilegiato ed esclusivo con il cibo, senza l’intromissione di tutte le sovrastrutture imposte dalla cosiddetta evoluzione dei costumi (locali piacevoli, tavole ben apparecchiate, menù ricercati, intrattenimento musicale e tutto ciò che può offrire un ristorante o il salotto di casa). Così facevano gli antichi greci e gli antichi Romani che non potevano permettersi una cucina (la maggior parte) e così si mantenevano i venditori ambulanti di cibo scoperti durante gli scavi di Pompei. È una tradizione che nei secoli non si è mai interrotta. L’Italia vanta in tal senso innumerevoli esempi, dalla piadina romagnola, alle arancine, dalla torta al testo umbra, agli arrosticini abruzzesi, dai filetti di baccalà romani alle olive ascolane, dalla puccia salentina al babà napoletano, sino alla regina della cucina nostrana e dello street food: la pizza. Certo, in Italia, come in tutti i paesi più ricchi del pianeta, il cibo di strada è stato fortemente penalizzato da una rivoluzione culturale improntata all’omologazione e all’egemonia del comfort. E oggi, su questa usanza a rischio estinzione, hanno messo il cappello alcune delle realtà gastronomiche più in voga degli ultimi anni come Slow Food e Eataly. Tra le iniziative più interessanti promosse per riportare in auge chioschi e bancarelle alimentari, il Festival Internazionale del cibo di strada di Cesena, organizzato ogni due anni all’inizio dell’autunno e giunto alla sua settima edizione. Il prossimo appuntamento è alle porte: 5, 6 e 7 ottobre nel centro storico della cittadina romagnola famosa per il buon gusto a tavola. Tra gli stand in programma, oltre a un’ampia rappresentanza delle Regioni italiane, troveranno spazio tante specialità internazionali: dalla Romania al Venezuela, dall’Argentina, alla Provenza. Tutto, rigorosamente, street food, arricchito da incontri, seminari sul tema, laboratori per apprendisti cuochi, musica e teatro (www.cibodistrada.com).
Silvia Gusmano

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Balottine di Pollo Mediterranee

ingredienti x 4 persone
2 petti di pollo interi
2 sottilette
500gr pomodorini pachino
100gr olive taggiasche
2 filettini di acciuga sott’olio
basilico
1 aglio
olio/sale/pepe
1 cucchiaio di capperi

 

Tagliare a metà il petto di pollo orizzontalmente e metterlo tra due fogli di pellicola trasparente. Batterlo bene fino a farlo diventare dello spessore di 2/3mm. Scaldare un cucchiaio d’olio in una padella, scioglierci le acciughine dentro e versare i pomodori tagliati in quattro, l’aglio, saltare finché non appassiscono leggermente. Aggiungere le olive e il basilico. Far tirare bene la salsina senza far sciogliere eccessivamente i pomodorini. Deve risultare abbastanza densa, non acquosa. Togliere lo strato superiore di pellicola da pollo, accertandosi che la pellicola inferiore non sia forata. Mettere ½ sottiletta al centro, un cucchiaio di salsa mediterranea preparata in precedenza e chiudere. Facendo attenzione a non far fuoriuscire il ripieno, tirare i lembi della pellicola e chiuderli formando una palla. Chiudere bene assicurandosi che sia ben sigillato. Per essere più sicuri si può applicare un altro strato di pellicola e chiudere nuovamente. Metterli in acqua bollente e cuocerli per 7/8 min circa. Scolare e far intiepidire. Togliere la pellicola e ripassarli leggermente in padella con un po’ d’olio per dargli la doratura. Aggiungere la salsa restante di pomodorini, e se occorre, allungarla con ½ bicchiere d’acqua.
Valentina

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Filietto di baccalà su crema di patate rosse

Ho deciso di preparare un piatto particolare, un cavallo di battaglia del nostro locale. Un filietto di baccalà ripassato in farina di polenta e scottato in padella con una foglia di alloro, lasciato cuocere con latte. Il tutto accompagnato da una crema di patate americane con sapori di olive leccine e sapori di timo (patate lesse, passate, fatte come un purè con l’aggiunta delle olive sminuzzate). Infine impiattato a forma di castelletto e condito con un filo di olio extravergine d’oliva. È un piatto molto delicato poiché andiamo ad utilizzare un baccalà pregiato e molto intenso.

da Taste of Roma
piatto preparato e descritto dallo Chef:

Antonio Putignano

del ristorante
“La Buon’Ora” di  Roma

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Spaghetti con fasolari e tartufi su crema di piselli

Io cucinerei gli spaghetti molto semplicemente con una crema di piselli, piselli novelli o congelati, li scottiamo li sbianchiamo in acqua bollente per un minuto e li scoliamo. Frulliamo i piselli con un minipimer assieme ad un filo d’olio e una manciata di pepe affumicato. Quindi dopo aver preparato la base per il nostro piatto, cuociamo gli spaghetti e li andiamo a mantecare con dei fasolari e tartufi crudi con un filo d’olio e del pepe di Szechuan. Il pepe di Szechuan è molto prezioso, è un pepe che si ricava dall’omonima regione e si estrae dal fiore della pianta. Mantechiamo il pepe nella padella con pasta, fasolari e tartufi assieme a del cacio ricotta pugliese grattato. Un piatto veloce e molto buono da gustare.

da Taste of Roma
piatto preparato e descritto dallo Chef:

Antonio Putignano

del ristorante
“La Buon’Ora” di  Roma

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Antonio Putignano a Taste of Roma

eccovi due ricette da Taste of Roma
due piatti preparati e descritti dallo Chef:

Antonio Putignano

del ristorante
“La Buon’Ora” di  Roma

 

 

Spaghetti con fasolari e tartufi su crema di piselli

Io cucinerei gli spaghetti molto semplicemente con una crema di piselli, piselli novelli o congelati, li scottiamo li sbianchiamo in acqua bollente per un minuto e li scoliamo. Frulliamo i piselli con un minipimer assieme ad un filo d’olio e una manciata di pepe affumicato. Quindi dopo aver preparato la base per il nostro piatto, cuociamo gli spaghetti e li andiamo a mantecare con dei fasolari e tartufi crudi con un filo d’olio e del pepe di Szechuan. Il pepe di Szechuan è molto prezioso, è un pepe che si ricava dall’omonima regione e si estrae dal fiore della pianta. Mantechiamo il pepe nella padella con pasta, fasolari e tartufi assieme a del cacio ricotta pugliese grattato. Un piatto veloce e molto buono da gustare.

Filietto di baccalà su crema di patate rosse

Ho deciso di preparare un piatto particolare, un cavallo di battaglia del nostro locale. Un filietto di baccalà ripassato in farina di polenta e scottato in padella con una foglia di alloro, lasciato cuocere con latte. Il tutto accompagnato da una crema di patate americane con sapori di olive leccine e sapori di timo (patate lesse, passate, fatte come un purè con l’aggiunta delle olive sminuzzate). Infine impiattato a forma di castelletto e condito con un filo di olio extravergine d’oliva. È un piatto molto delicato poiché andiamo ad utilizzare un baccalà pregiato e molto intenso.

 

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Una scampagnata in città

Cornice d’eccezione per il primo festival di Campagna Amica: la vallata del Circo Massimo a Roma, dal 27 al 30 Settembre. L’evento Cibi d’Italia” racconterà ai consumatori il valore autentico delle produzioni agricole italiane: il cibo, il territorio, il saper fare, le tradizioni locali. Dalle malghe ai tavolieri, dai pascoli alle vallate, dall’agricoltura al cibo nel piatto: buono ma soprattutto sano, nel rispetto della sicurezza alimentare, ambientale e di tipicità. Insomma oltre 200 tra aziende e produttori provenienti da 19 regioni, esporranno e venderanno il meglio della produzione agroalimentare rigorosamente Made in Italy. Risposta all’omologazione alimentare e culturale che la globalizzazione impone. Tutto e di più visitabile sul sito della Fondazione Campagna Amica,  una realtà che da anni è impegnata nella divulgazione e promozione di temi come vendita diretta, turismo agroalimentare ed ecosostenibilità. Non perdetevi questa meravigliosa occasione: ingresso gratuito, paesaggio meraviglioso, assaggi rigorosamente doc e dop, tornerete a casa con i profumi dell’orto e della frutta, con i sapori dimenticati, e il piacere delle “chiacchiere di una volta” di un vivere più civile tra gli uomini, per star bene nel fisico e nella mente.
Ivana

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Un Pic Nic di Lusso

E’ stato “Un Pic Nic di Lusso” in tutti i sensi. MadamaRicetta non poteva mancare e le sue impressioni stavolta non sono del tutto positive. Grandi cuochi è vero, ma anche grandi prezzi. La prima perplessità all’accoglienza: ingresso 16 euro, una cifra eccessiva per degli assaggi tutti a pagamento. Una volta entrati, se si vuol mangiare, è necessario acquistare una card ricaricabile con multipli di 5 euro (quindi se ne spendi 16 se costretto a buttarne 4).
Taste of Roma, manifestazione enogastronomica, nata a Londra, ed esportata in altre città del mondo, nella sua versione romana, presso i Giardini Pensili dell’Auditorium Parco della Musica, ha lasciato qualche dubbio sull’allestimento, e non solo. Progettata più per gli organizzatori che per i visitatori, è stata soprattutto un via vai di domande, consigli, curiosità, dialoghi fitti e scambi di bigliettini tra chef, esperti e blogger.

Gli stand annunciati sulla promozione delle eccellenze laziali si potevano contare sulle dita di una mano. Le pochissime zone (due) dove si poteva partecipare ai corsi di cucina, erano precedute da un lungo spot di Elettrolux (piastre ed elettrodomestici per la cucina, peraltro presente in ogni stand con la pubblicità dei suoi prodotti). Insomma gran parte del corso di cucina era assorbito da pubblicità live. Se si voleva partecipare ad uno dei corsi -più semplicemente alla preparazione di un piatto- era necessario arrivare entro le 19.30. Tre corsi per l’intera serata, moltiplicati per sole due postazioni che contenevano al massimo 15/20 persone.

Di contro i piatti non hanno deluso le aspettative di chi voleva fare un viaggio sensoriale attraverso creatività e fantasia della nouvelle couisine. Dalle rivisitazioni delle ricette classiche ai connubi azzardati e non sempre vincenti. Degustazioni e assaggi hanno rinfrancato i visitatori che per una sera si sono accostati alle ultime novità dell’arte culinaria. Salmone servito su un letto di gustosa salsa d’anguria, spiedino di gambero in pasta fillo con spuma di mortadella, tortellini di ricotta e spinaci con guancia al cesanese e clorofilla di rucola, capesante impanate e ripiene di mozzarella di bufala, foglie di sedano e tartufo nero,  insomma alta cucina.

Ma la fila più lunga indovinate dov’era? Davanti all’unico stand che faceva la carbonara…
Ivana Santomo

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Uova virtuose e cervelli di gallina


Più pragmatico del filosofo, il consumatore informato non ha dubbi: nasce prima la gallina dell’uovo. O meglio, da una gallina felice, nasce un uovo più buono. Ogni italiano consuma in media quasi 14 chili di uova all’anno – in parte in maniera indiretta tramite l’assunzione di altri alimenti – e nell’80 per cento dei casi provengono da galline maltrattate: le pennute, infatti, vivono a milioni chiuse in gabbie minuscole senza la possibilità di stendere le ali o appollaiarsi: stressate, depresse, arrabbiate.   Come le celebri protagoniste di “Galline in fuga”. Preoccuparsene non è fisima da animalisti, ma segno di civiltà e di intelligenza. Possiamo fidarci di uova covate alla svelta in batteria – a seguito di chissà quale alimentazione – e raccolte da nastri meccanici che scorrono sotto le gabbie? Anche no. Prima della nostra coscienza, è la nostra salute a chiederci di comprare uova prodotte da galline libere. Farlo, secondo la Lav (lega anti-vivisezione) richiede solo tre secondi di tempo: basta sapere dove guardare. Non sulla confezione che in maniera ingannevole spesso raffigura prati verdi e pollastre sorridenti, ma sull’uovo stesso che, per legge, riporta sempre stampata sul guscio la propria carta d’identità. Come vedete nello schema qui riportato ogni numeretto veicola un’informazione, ma a noi consumatori intelligenti, è sufficiente guardare il primo. Quattro le possibilità: 0 (agricoltura biologica), 1 (allevamento all’aperto), 2 (allevamento a terra, ossia senza gabbie, ma al chiuso in spazi ristrettissimi, senza finestre), 3 (in gabbia). Quest’ultima modalità dovrebbe essere cambiata dallo scorso gennaio, grazie a una direttiva europea, che ha messo fuori legge le gabbie grandi come una scatola da scarpe per imporre quelle che consentono alla pennuta un minimo di spazio vitale. Purtroppo però molti allevatori contando sulla scarsità di controlli, per evitare spese, continuano una produzione illegale e, in ogni caso, noi ci chiediamo: perché non impiegare tre secondi per scegliere un uovo più giusto? La regola da seguire è semplice: 0 e 1 vanno bene, 2 e 3 vanno scartate. Elementare, anche per un cervello di gallina.
Silvia Gusmano  

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IL CACIO IN TAVOLA

I formaggi amano i contrasti, sicché, a volte si trovano avvolti in erba cipollina o impanati con frutta secca, uvetta e melange di pepe. L’incontro con spezie e ingredienti dolci, esalta gli aromi nascosti del formaggio. In un menù di soli formaggi potete sbizzarrivi tra tantissimi prodotti.
In primis i latticini: qualche cestino di ricotta servito con delle ciotoline di miele accanto; delle mozzarelline o burratine, di bufala e non, accompagnate con tazze piene di pomodorini e ciuffi di basilico. Un tagliere di formaggi dal sapore più deciso accompagnati da piccoli bicchierini con marmellate agli agrumi, alle pere e al peperoncino, composte di cipolle e chatney. Cubetti di formaggi dal taglio più morbido, come le caciottine, insieme a un cestino di pere piccole. Tagli di Gorgonzola e Roquefort serviti su piatti con al centro chicchi d’uva e noci sgusciate. Si potrebbe continuare all’infinito. Ricordate sempre di fare un piccolo angolo con delle insalatine miste e spicchi di mela, aiutano a colorare la tavola, a compensare le calorie del formaggio e a pulire la bocca per gustare meglio i sapori tra un formaggio e l’altro. Il cestino del pane che accompagna il formaggio deve essere rigorosamente misto: pane bianco e nero, alle olive e alle noci; piccoli quadrotti di focaccia bianca; grissini e tarallini salati; fogli di carta musica e …così via. La tavola deve essere rustica e raffinata: preferiamo tovaglie di lino tinta unita, taglieri di legno e cestini in vimini, foglie di vite da poggiare sulla tavola o intorno ai cestini. Scegliamo la giusta illuminazione, non troppo forte, con qualche candela poggiata qua e là, contornata da fili di paglia.
Ivana
guarda la scheda dei formaggi 

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CACIO E VINO

Il formaggio ama preferibilmente i vini rossi e un po’ fruttati. Ma non disdegna i bianchi ben strutturati. Ad eccezione dei latticini che si sposano meglio con vini bianchi dal profumo leggero. Sugli abbinamenti formaggio vino si potrebbe dissertare per ore, noi invece nello stile di MadamaRicetta vi offriamo un breve elenco.
Formaggi freschi e latticini o formaggi caprini giovani e formaggi a pasta dura non cotta: vini bianchi, dal profumo leggero, rotondi, mediamente freschi, o vini rossi giovani, non molto impegnativi, dal profumo leggero, moderatamente morbidi e moderatamente freschi.
Formaggi a pasta molle o  formaggi a pasta dura, cotta, ma poco stagionati: vini rossi di buon corpo e buona personalità, con dei profumi abbastanza intensi, moderatamente morbidi a temperatura ambiente, abbastanza tannici.
Formaggi a pasta dura cotta, molto stagionati, o caprini stagionati: vini rossi maturi, ricchi di profumi, di grande struttura meglio se invecchiati, dal profumo abbastanza intenso, molto equilibrati, sapidi, giustamente tannici e caldi.
Per esempio…
Latticini (pinot grigio, verdicchio, oggi amati anche con la birra cruda). Formaggi di media stagionatura a pasta molle (taleggio, quartirolo, caprino, caciotta) con (Marzemino del Trentino, lago di Caldano, Merlot delle grave del Friuli, Cirò). Asiago, provolone, montasio (Dolcetto d’Alba, Valpolicella, Chianti, Aglianico del Vulture, Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese o del Friuli). Quando si può, abbinate vini e formaggi della medesima regione: Parmigiano con Sangiovese di Romagna; pecorino sardo con un rosso Cannonau; pecorino toscano con il Chianti, caciotta stagionata marchigiana con la lacrima di Morro d’Alba; Il caciocavalo campano conl’Aglianico e così via.
Per abbinamenti insoliti provate il passito per i formaggi  stagionati, e il vino bianco muffato (se non lo conoscete vale la pena di provarlo), è  ottimo soprattutto con i formaggi forti di capra, gorgonzola o roquefort.
Ivana

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Madama Ricetta nasce all’ombra del Senato dall'alleanza di tre colleghe ... leggi la storia

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