La parmigiana
La parmigiana di melanzane è un piatto tipicamente estivo ma è perfetto per ogni occasione, un ottimo piatto unico, ma si può servire calda come secondo e fredda come antipasto. Questo piatto che io definirei patrimonio dell’umanità, e famoso in tutto il mondo, ha migliaia di varianti e per elencarle, come per la sua storia, non basterebbe un trattato. Nonostante sostengo la teoria che per la parmigiana ci vogliono le melanzane fritte, voglio offrirvi una variante, o meglio un trucco. Dedicata ai salutisti che aborriscono il fritto, a coloro che hanno poco tempo e a chi odia l’odore delle fritture che immancabilmente resta in giro due giorni per casa. …leggi anche la storia della parmigiana
ingredienti
5 melanzane (circa 2k), 200 gr di mozzarella, 100g di scamorza o provola, 1 kg di pomodori, 100 gr di parmigiano, basilico abbondante, uno scalogno, pangrattato molto fine, sale, olio e.v.o. e pepe
Tagliare le melanzane a fette di massimo 1/2 centimetro. Lavarle bene sotto l’acqua corrente e disporle su un piano spolverizzandole di sale. Lasciar riposare per qualche ora in uno scolapasta. Sciacquarle e lasciarle asciugare sempre in uno scolapasta. Prendere una teglia, coprire con carta forno, ungerla e disporre le melanzane in modo da formare uno strato unico senza sovrapporle (serviranno due placche da forno). Spolverizzare con del pangrattato (mi raccomando pochissimo, deve essere un velo) e irrorare le melanzane con dell’olio a filo. Infornare fino a quando le melanzane assumono un colore leggermente dorato. Per il sugo di pomodoro, tritare lo scalogno soffriggerlo in poco olio e aggiungere il pomodoro passato, sale e pepe. A fine cottura aggiungere una manciata di basilico tritato. Tritare la mozzarella e la scamorza a dadini piccoli e iniziare a disporre a strati in una teglia partendo con un mestolo di pomodoro, strati di melanzane, mozzarella, parmigiano e ancora sugo di pomodoro. Completare fino ad esaurimento degli ingredienti e finire con sugo e formaggio grattugiato. Infornare a 200 gr per 30 minuti e far riposare almeno 10 minuti prima di servire.
Il trucco: il pangrattato che ha gratinato in forno regalerà alla melanzana una leggera sensazione di frittura.
MadamaRicetta
Parmigiana story
La storia della parmigiana di melanzane è un po’ controversa, piatto principe della nostra italica cucina, vede la sua ricetta originale contesa da Emilia Romagna, Campania e Sicilia. Il nome che ci fa subito pensare a Parma e al suo parmigiano, fa irritare i napoletani che ne rivendicano l’origine forti del fatto che la prima ricetta “ufficiale” la ritroviamo nel trattato “Cucina teorico pratica” di Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, pubblicato a Napoli nel 1839. Ma studi più approfonditi attribuiscono il termine parmigiana, alla parola siciliana parmiciana, con cui sono chiamate le liste di legno che compongono una finestra a persiana, forma richiamata dalla disposizione a strati sovrapposti delle fette di melanzana fritte. Napoli che tra il 1600 e il 1800 era la capitale del Regno delle Due Sicilie, ed in quanto tale luogo privilegiato di scambi con il territorio, se ne impossessò pubblicando la ricetta. Storia a parte possiamo affermare con sicurezza che trattasi di un piatto del sud, dove si trovano melanzane di ottima qualità, le migliori in assoluto le siciliane “Petronciani”.
Ivana Santomo
leggi anche la ricetta della mia parmiggiana
C’è un cavallo in giro per l’Europa?
Un cavallo clandestino si aggira dentro gli scaffali dei nostri supermercati. E’ finito dentro i nostri ravioli, lasagne e hamburgher, a loro insaputa, come spesso succede in Italia. Le grandi aziende fornitrici, infatti sembra non si siano accorte che il manzo era stato sostituito dal cavallo, che ad eccezione per quello da corsa è di gran lunga più economico. Al dilagare dello scandalo la Nestlè e la Buitoni stanno ritirando dagli scaffali italiani e spagnoli ravioli e tortellini di manzo. Ci chiediamo com’è potuto succedere, e cos’altro si può insinuare dentro i nostri prodotti alimentari senza che nessuno se ne accorga. La filiera si allunga sempre più, una conseguenza infelice ma logica della globalizzazione e la crisi finanziaria globale insieme al rallentamento economico, hanno spinto i prezzi alimentari a livelli sempre più bassi. Delle regole agricole imposte dall’UE, ben 30.00 riguardano la sicurezza alimentare, ma mancano i controlli. L’Unione Europea è scesa in campo proponendo una serie di test sulla carne di manzo per verificarne la composizione. Test cui si è detta contraria soltanto l’Italia, primo consumatore di carne di cavallo in Europa.
Vi riportiamo a questo proposito due articoli che ci ha inviato il nostro corrispondente da Bruxelles, Mario Campli. Un articolo apparso sul Financial Times e la dichiarazione ufficiale del Commissario Europeo alla Salute e alla poltica per i consumatori, Tonio Borg, che presenta le misure prese.
Ivana Santomo
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C’è un cavallo in giro per l’Europa?
da Agra Facts n. 12 del 13 febbraio 2013
Borg chiede controlli e test più stringenti dopo la frode della carne di cavallo
La bozza di misure della Commissione per testare i prodotti trasformati di carne per il DNA equino e portare avanti i controlli sui residui di phenylbutazone – una trattamento medico usato per i cavalli – nella carne macellata di equino inclusa quella importata, è stata presentata ieri all’incontro informale dei Ministri dell’Agricoltura colpiti dalle recenti controversie sulla carne equina. Queste misure – che rimangono raccomandazioni – saranno cofinanziate (50%) dalla Commissione e saranno portate al voto al Comitato Permanente del 15 febbraio. Parlando ai giornalisti, il Commissario Borg ha affermato che i risultati di questo “intensivo piano di monitoraggio” da condurre per un periodo di 30 giorni (marzo 1-30) – in tutti gli SM indipendentemente dal fatto che ci siano o meno indagini in corso – saranno pubblicati il 15 aprile. L’intento è di valutare la situazione dopo i primi 30 giorni, ma di prolungare il test del DNA per 3 mesi per stabilire il trend delle etichettature ingannevoli. Durante il mese di marzo, verranno analizzati 2.500 campioni di prodotti di carne trasformata dagli SM – in proporzione alla dimensione del loro mercato interno. Dei 4.000 campioni analizzati per il phenylbutazone nei macelli – 2.500 campioni saranno presi dalla carne equina prodotta in UE e 1.500 sulle importazioni, con il Commissario che evidenzia che l’UE importa il 30% della sua carne equina. Borg ha ribadito che non ci sono indicazioni di un problema di sicurezza alimentare ma piuttosto di “un uso fraudolento del sistema di etichettatura per guadagni economici”. “Ma se si sviluppa in questione di sicurezza alimentare, abbiamo specifiche norme che andranno applicate”, ha aggiunto. Parlando alla conferenza stampa, Coveney ha affermato che vendere carne equina economica come manzo è “del tutto inaccettabile per l’integrità della catena alimentare”, insistendo che i Paesi “hanno bisogno di andare in fondo alla questione per scoprire il responsabile”.
Lo scandalo della carne di cavallo è la prova che l’ossessione per il taglio dei costi ha oltrepassato la soglia della sicurezza. Se vogliono evitare enormi danni d’immagine, gli operatori del settore dovranno cambiare le loro pratiche. Estratti.
di John Gapper
Era dai tempi di Sweeney Todd che non c’era altrettanta incertezza sugli ingredienti della carne macinata: questa volta non si tratta dei clienti del diabolico barbiere di Fleet Street, ma dei cavalli della Romania. Dato che la carne di cavallo è più magra della carne di manzo di bassa qualità e contiene più omega 3, può anche darsi che questo sia uno di quei rari casi di sofisticazione che rende un alimento più salutare. Ma ciò non chiarisce affatto l’intera filiera tramite la quale i supermercati e i ristoranti si procurano gli alimenti. Se finora non si sono accorti della carne di cavallo, cos’altro può essersi introdotto a loro insaputa nella filiera? Al vertice del mercato, dove i macellai bio promuovono la tracciabilità alimentare e in pratica conosci perfino il nome dell’animale che metti in tavola, scambiare un cavallo per una mucca è impensabile. Ma all’estremità opposta del mercato, oberata dall’aumento dei prezzi e dalla crescente domanda di carne dalla Cina e dalle economie emergenti, di fatto finiscono in pentola strane cose. Così non si può andare avanti. L’industria automobilistica statunitense una volta dovette affrontare un caso analogo con i fornitori, spremuti così tanto che il prodotto perse sempre più qualità e i produttori fallirono. Per quanto sia difficile instaurare buoni rapporti con i fornitori in un mondo in cui i consumatori chiedono prezzi bassi, l’industria alimentare non ha alternative. Da un certo punto di vista, la concentrazione di produzione e distribuzione verificatasi negli ultimi decenni – durante i quali i negozi di quartiere sono stati rimpiazzati da supermercati riforniti da grossisti – ha costituito un buon affare per il consumatore medio. Ha infatti elevato la qualità in genere (non c’è bisogno di parlare degli ingredienti delle salsicce britanniche e dei polpettoni negli anni settanta) e ha messo un freno ai prezzi. Nei due decenni prima del 2007 nei negozi i prezzi sono scesi in termini reali. Non soltanto i prezzi delle materie prime erano più bassi, ma i supermercati li riducevano acquistando tramite reti di fornitori – agricoltori, aziende alimentari e commercianti – che per ogni ordine dovevano dimostrarsi più competitivi possibile. Tutto è cambiato nel 2007-08 con il primo dei molti scossoni ai prezzi delle materie prime. L’uso negli Stati Uniti di prodotti agricoli per la produzione di combustibile ha fatto impennare il prezzo degli oli di mais, di palma e di barbabietola, e i mercati hanno avvertito la pressione della crescente domanda di carne dei paesi emergenti. Il consumo procapite di carne nella sola Cina è quadruplicato dal 1960 a oggi. All’industria alimentare è rimasta una catena di fornitori lunga, complicata, transnazionale e sotto enormi pressioni. Ed ecco che entrano in gioco i cavalli: in questo caso la carne di cavallo romena pare sia finita nelle lasagne “al ragù di manzo” e in altri prodotti venduti da supermercati di Francia e Regno Unito tramite un fornitore cipriota e un distributore francese. A questa notizia i supermercati hanno alzato le braccia al cielo e giurato di non avere idea di come ciò sia potuto accadere. Ma sulle proprie filiere avevano gli occhi ben chiusi: non sapevano dei cavalli perché non sapevano granché nemmeno delle mucche, avendo sempre affidato tale responsabilità ai loro fornitori diretti, che a loro volta contavano sui propri fornitori e così via. “I supermercati non sono molto informati sui loro prodotti e i rapporti di lavoro con i fornitori sono transnazionali”, dice Sion Robert, senior partner della società di consulenze European Food and Farming Partnerships. “Uno dei loro fornitori può trovarsi sotto forti pressioni finanziarie a loro insaputa”. Del resto è anche vero che non hanno mai voluto saperne di più, dato che i supermercati – al pari delle aziende biologiche che producono sementi e fertilizzanti – sono tra i pochi ad aver conservato i loro margini di profitto negli ultimi anni. Quindi le pressioni e i problemi si sono verificati in mezzo a questa filiera, tra le aziende del comparto alimentare e i coltivatori. “L’agricoltore è un acquirente senza potere contrattuale, che incide pochissimo sul mercato”, dice Justin Sherrard di Rabobank, secondo cui è indispensabile che i fornitori del settore alimentare abbiano rapporti molto più stretti. “C’è un limite alle pressioni alle quali si possono sottoporre di continuo i fornitori”. Aver venduto carne di cavallo per carne di manzo è il segno plateale che quel limite è stato raggiunto. Anche se poche le persone si preoccupano di aver mangiato carne equina – e in effetti così dovrebbe essere – gli ebrei e i musulmani praticanti hanno tutto il diritto di indignarsi se della carne di maiale dovesse finire mescolata alla carne di manzo. Un modo molto efficace per ridurre i costi è lo spot trading dei prodotti agricoli – spesso tramite piattaforme elettroniche. Ma ciò non influisce affatto in termini di promozione della qualità e dei guadagni, ed è oltretutto difficile che fornitori e agricoltori ci investano sul lungo periodo, sottoposti come sono all’instabilità dei prezzi mentre si arrabattano per aggiudicarsi qualche ordine.
Un ottimo investimento
Prima della crisi del 2008, l’industria dell’automobile negli Stati Uniti fu presa in questa stessa trappola e si arrivò alla bancarotta di Chrysler e General Motors. All’epoca i produttori avevano spinto di continuo i fornitori nella corsa al ribasso dei prezzi per ridurre i loro stessi costi, e si erano ritrovati a vendere a prezzi stracciati automobili di scarsa qualità. Al contrario, le case automobilistiche giapponesi come la Toyota e la Honda hanno sempre avuto un rapporto più collaborativo e a lungo termine con i loro fornitori, dando la giusta importanza all’innovazione e alla qualità più che al prezzo più basso possibile. E le case automobilistiche americane hanno dovuto seguirne l’esempio. È molto difficile passare da un circolo vizioso di taglio delle spese e calo della qualità a un circolo virtuoso di cooperazione e innovazione, specialmente quando i soldi scarseggiano. Alcuni consumatori saranno sicuramente disposti a pagare di più pur di contare su tracciabilità e forniture dirette da aziende agricole selezionate. Ma per la maggior parte delle persone questo resterà un lusso. Eppure cambiare è possibile, anche per il mercato di massa. L’immagine di McDonald si era notevolmente appannata in seguito alle rivelazioni del 2003 del libro Fast food nation di Eric Schlosser sulla scarsa qualità della carne utilizzata. Adesso McDonald traccia tutta la carne servita nei ristoranti del Regno Unito che proviene direttamente da 17.500 allevamenti in Irlanda e Regno Unito grazie a contratti a lungo termine. E molte altre aziende del settore alimentare stanno adottando lo stesso provvedimento. Tenuto conto dei rischi alla reputazione che corrono le catene di ristoranti e di supermercati se lasciano solo al caso simili questioni – o a qualsiasi fornitore che venda di sua iniziativa tranci anonimi di carne – questo è sicuramente un ottimo investimento.
Traduzione di Anna Bissanti dall’articolo originale del Financial Times
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Una nuova manna: arriva il dolcificante green
Stevia, sembra quasi una strenna di Natale, invece è il nuovo dolcificante, una rivoluzione tutta naturale, che sta prendendo il posto della classica zolletta di zucchero. Per la felicità dei diabetici e della bilancia, Stevia non ha calorie e non provoca carie. Questa piccola piantina originaria del Brasile e del Paraguay ha un potere dolcificante pari a 200/300 volte quello dello zucchero. Dopo averla sottoposta a numerosi studi scientifici l’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ne ha autorizzato l’uso sino ad un massimo di 4 mg per chilo di peso corporeo. …leggi tutto
DULCIS IN FUNDO? Bisogna preparasi dall’inizio.
Tra parenti e amici forse le vacanze natalizie ci regaleranno anche qualche seratina da dedicare al nostro lui o lei. Per un menù tutto eros e passione vi rimandiamo a San Valentino, per ora solo qualche suggerimento su cosa bisogna evitare per non rovinare un possibile successo in amore. I cibi da schivare non sono pochi, partendo da aglio e cipolla, soprattutto se crudi, in questo possono esservi d’aiuto le ricette di Filippo La Mantia, che dell’assenza di questi due ingredienti, ne ha fatto un credo. Poi niente fagioli o legumi perché causa di effetti collaterali, non proprio gradevoli. Al bando minestrine e purè: sanno troppo di ospedale. Attenti anche alle ricette troppo salutiste, dalle insalatine di germogli di soia ai centrifugati rigorosamente bio, non sono molto romantiche. Escludete anche il fast-food, in contraddizione con una notte di amore che si spera slow….leggi tutto
Ciò che è buono non fa male…
Per i golosi è la notizia dell’anno: le patate fritte non fanno male. Chi non si è tormentato davanti ad un piatto di patate fritte, così buone e così caloriche? Per me erano di sicuro un tormento, quando da bambina, sempre grassottella, mi dicevano: “Cosa mangi? Pasta, nutella e patate fritte! Ti fanno male!” Capiamoci, privarsi di quel che ci piace non è mai una mossa troppo saggia, perché fiacca l’umore e di questi tempi non è proprio il caso. In soccorso arriva giustappunto la buona novella: le patate fritte non fanno male. A restituire il sorriso ai ghiottoni è una ricerca dell’Università di Napoli. …leggi tutto
Non solo frutta
Le castagne sono ricche di carboidrati complessi (amido) come i cereali, ed è per questo che non possono essere catalogate solo ed esclusivamente come frutta. Ricchissime di fibre, di potassio e di vitamine del gruppo B, per moltissimo tempo sono state il cibo predominante, povero ma altamente nutriente, per gli abitanti degli Appennini durante l’autunno e non solo. Negli ultimi anni sono diventate sempre più rare a causa di un insetto killer, che ne sta minando la sopravvivenza. L’insetto viene dalla Cina, ed è un parassita che attacca gli alberi di castagno impedendo la fruttificazione. La battaglia contro questo parassita è appena iniziata e ci vorranno almeno quattro anni per debbellarlo. A lanciare l’allarme è stata la Coldiretti, dando le cifre delle regioni più colpite, dalla Campania al Lazio, dalla Toscana all’Emilia Romagna ma anche Calabria, Veneto, Piemonte e Lombardia. Un duro colpo per l’Italia che è leader europea nella produzione di castagne. Certamente non ne avevamo bisogno! Speriamo che non finisca come per le palme, colpite dal punteruolo rosso, che abbiamo visto morire una ad una lungo le nostre coste. (…continua)
Vino novello: quest’anno arriva prima
Il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha decretato che il 30 ottobre sarà possibile l’immissione al consumo del vino novello. Complice una stagione molto calda e assolata che ha anticipato le vendemmie e la semplificazione da parte del ministero delle norme nazionali di attuazione della normativa comunitaria in materia di etichettatura in generale, di menzioni tradizionali e di designazione e presentazione dei vini a DOP e IGP. (leggi le nuove regole).
Potremo così gustare in anticipo rispetto agli altri anni il primo bicchiere di vino della stagione 2012, ottima a dire dei viticultori. Il vino novello fa parte dell’antica tradizione contadina: con l’arrivo dell’autunno si spillavano piccole quantità di vino dalle botti in fermentazione, per controllarne lo stato di avanzamento e la qualità. …continua
Cacio e vino
Il formaggio ama preferibilmente i vini rossi e un po’ fruttati. Ma non disdegna i bianchi ben strutturati. Ad eccezione dei latticini che si sposano meglio con vini bianchi dal profumo leggero. Sugli abbinamenti formaggio vino si potrebbe dissertare per ore, noi invece nello stile di MadamaRicetta vi offriamo un breve elenco.Formaggi freschi e latticini o formaggi caprini giovani e formaggi a pasta dura non cotta: vini bianchi, dal profumo leggero, rotondi, mediamente freschi, o vini rossi giovani, non molto impegnativi, dal profumo leggero, moderatamente morbidi e moderatamente freschi. Formaggi a pasta molle o formaggi a pasta dura, cotta, ma poco stagionati: vini rossi di buon corpo e buona personalità, con dei profumi abbastanza intensi, moderatamente morbidi a temperatura ambiente, abbastanza tannici. Formaggi a pasta dura cotta, molto stagionati, o caprini stagionati: vini rossi maturi, ricchi di profumi, di grande struttura meglio se invecchiati, dal profumo abbastanza intenso, molto equilibrati, sapidi, giustamente tannici e caldi. Per esempio…
Latticini (pinot grigio, verdicchio, oggi amati anche con la birra cruda). Formaggi di media stagionatura a pasta molle (taleggio, quartirolo, caprino, caciotta) con (Marzemino del Trentino, lago di Caldano, Merlot delle grave del Friuli, Cirò). Asiago, provolone, montasio (Dolcetto d’Alba, Valpolicella, Chianti, Aglianico del Vulture, Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese o del Friuli). Quando si può, abbinate vini e formaggi della medesima regione: Parmigiano con Sangiovese di Romagna; pecorino sardo con un rosso Cannonau; pecorino toscano con il Chianti, caciotta stagionata marchigiana con la lacrima di Morro d’Alba; Il caciocavalo campano conl’Aglianico e così via. Per abbinamenti insoliti provate il passito per i formaggi stagionati, e il vino bianco muffato (se non lo conoscete vale la pena di provarlo), è ottimo soprattutto con i formaggi forti di capra, gorgonzola o roquefort.
Ivana
Il cacio in tavola
I formaggi amano i contrasti, sicché, a volte si trovano avvolti in erba cipollina o impanati con frutta secca, uvetta e melange di pepe. L’incontro con spezie e ingredienti dolci, esalta gli aromi nascosti del formaggio. In un menù di soli formaggi potete sbizzarrivi tra tantissimi prodotti.
In primis i latticini: qualche cestino di ricotta servito con delle ciotoline di miele accanto; delle mozzarelline o burratine, di bufala e non, accompagnate con tazze piene di pomodorini e ciuffi di basilico. Un tagliere di formaggi dal sapore più deciso accompagnati da piccoli bicchierini con marmellate agli agrumi, alle pere e al peperoncino, composte di cipolle e chatney. Cubetti di formaggi dal taglio più morbido, come le caciottine, insieme a un cestino di pere piccole. Tagli di Gorgonzola e Roquefort serviti su piatti con al centro chicchi d’uva e noci sgusciate. Si potrebbe continuare all’infinito. Ricordate sempre di fare un piccolo angolo con delle insalatine miste e spicchi di mela, aiutano a colorare la tavola, a compensare le calorie del formaggio e a pulire la bocca per gustare meglio i sapori tra un formaggio e l’altro. Il cestino del pane che accompagna il formaggio deve essere rigorosamente misto: pane bianco e nero, alle olive e alle noci; piccoli quadrotti di focaccia bianca; grissini e tarallini salati; fogli di carta musica e …così via. La tavola deve essere rustica e raffinata: preferiamo tovaglie di lino tinta unita, taglieri di legno e cestini in vimini, foglie di vite da poggiare sulla tavola o intorno ai cestini. Scegliamo la giusta illuminazione, non troppo forte, con qualche candela poggiata qua e là, contornata da fili di paglia.
Ivana
guarda la scheda dei formaggi
La crisi secondo Einstein
“Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita ai propri problemi.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
Albert Einstein
“Non di solo pane”
Secondo un antico detto, “non di solo pane vive l’uomo”. È una grande verità. Ma la panificazione, nata circa quattromila anni fa, è l’emblema della nostra civiltà. Non solo il pane è il cibo più buono che io conosca – appena uscito dal forno e intinto nell’olio d’oliva, con un pizzico di sale e uno di pepe, è ineguagliabile -, ma è stata la coltura dei cereali a spingere i nostri antenati nomadi a scegliere la vita sedentaria, da cui sono nate le prime comunità. Semina, mietitura, trebbiatura e molitura del grano non possono essere il frutto del lavoro di una persona soltanto, e così è anche per la panificazione, Il pane è sociale. Metaforicamente e no. Il pane è fatto per essere tagliato, offerto, diviso e condiviso. A tavola non si può non pensare agli altri comemnsali, a chi è accanto o di fronte a noi, e a passare loro il cestino del pane. Da Palermo a Milano, i panettieri modellano una forma di pane piccola e rotonda, la rosetta o michetta, simile alla rosa Tudor: corolla centrale e petali della stessa grandezza. Mia madre, sempre attenta, quando si accorgeva che sul mio piatto di verdura bollita era rimasto dell’olio e limone o del sughetto, staccava un petalo di pane e me lo porgeva discreta. In Sicilia si dice che la tavola priva di pane “piange”: non c’è convivio, né allegria”.
(La cucina del buon gusto, Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati. Feltrinelli)
Tradizione abruzzese: pane cotto e lumache
Il pane cotto e le lumache sono due piatti poveri della cucina contadina abruzzese. Entrambi fatti senza dover acquistare nulla. Il pane cotto era generalmente una pietanza invernale servita la sera, una minestra calda fatta per riciclare gli avanzi di pane secco, arricchita dalle proteine dell’uovo (anche quest’ultimo abbondava nei pollai dei contadini). Le lumache erano invece una festa per i bambini. Solitamente dopo gli acquazzoni primaverili ed estivi, i contadini più anziani -rimasti a casa perché non più in grado di lavorare nei campi- portavano con sé i nipotini in campagna a raccogliere le lumache. Stivali ai piedi, buste in mano, nonni e nipoti facevano a gara a chi ne prendeva di più. Nella categoria dei prodotti selvatici, la lumaca è certamente uno degli alimenti più antichi della storia umana. Apprezzata dai Greci e dai Romani, la lumaca trova il suo massimo splendore in Francia, “le lumache alla bourguignonne”, infatti, sono uno dei piatti più classici della cucina francese.
Favole e fave
Le fave sono il frutto di una pianta coltivata già 3000 anni fa, lo testimoniano i rinvenimenti in tombe egizie, a dimostrazione che sono i primi legumi che l’uomo abbia mangiato. Attraverso Greci e Romani sono giunte a noi, e si sono fatte spazio nelle tavole dei contadini, sopratutto i più poveri. Venivano chiamate la carne dei poveri perché pur costando nulla sono ricchissime di proteine, vitamine, fibre e potassio. Hanno conquistato così un ruolo da protagoniste in molti piatti del sud, come il macco di fave in Sicilia, fave e cicoria in Puglia, la vignarola nel Lazio e tanti altri gustosi piatti della cucina mediterranea.
A questo proposito mi piace ricordare una credenza piuttosto diffusa nelle campagne del centro e del sud del nostro Paese: chi apre un baccello di fava vi trova dentro sette fratelli avrà un lungo periodo di felicità.
…e alla “fava porta fortuna” è dedicata questa fiaba di Italo Calvino. (…continua)
C’è vegetariano e vegetariano
Perché dico questo? Perché mi è capitato più di una volta che il vegetariano di turno condizionava tutti i presenti con la sua tolleranza-intolleranza verso i carnivori.
Gandhi, il vegetariano par excellence, precisamente vegano, diceva: “Bisogna che i vegetariani siano tolleranti se desiderano convertire gli altri al vegetarianismo. Adottate un po’ di umiltà”. Ecco, penso che anche a voi sia capitato che il vegetariano diventasse la star della serata. Se non è così siete stati davvero fortunati. (…continua)
Pesce e formaggio: nozze antiche e felici
Il mio primo approccio con l’abbinamento pesce e formaggio risale agli inizi degli anni ’90 quando un esordiente Vissani a Unomattina impanò un’orata con del pecorino. Rimasi talmente sbalordita che il pomeriggio ero già in pescheria a comprare le orate: bisognava provare subito! Il risultato: una poesia. Pesce e formaggio lontani e vicini, divisi dalla nascita come mare e terra, proprio come mare e terra, a volte, si compenetrano e si completano magnificamente. (…continua)
La forma del latte
Morbida, fresca, dolce, cremosa, di color bianco lucente. Di cosa stiamo parlando? Della ricotta naturalmente, la forma del latte (parafrasando il titolo di un celebre romanzo di Andrea Camilleri), un cibo delizioso quanto semplice e naturale che ha il gusto dei pascoli e del latte appena munto e la sapienza antica di gesti tramandati da infinite generazioni. Un passato lontanissimo e tenacemente conservato da quella cultura materiale che è l’altra faccia della cultura alta (testimonianze letterarie e artistiche) e altrettanto indispensabile a ricostruire i modi e le ragioni dell’agire umano, cioè le faticose tappe del cammino dell’umanità. (…continua)
La cucina da leggere
“Nella nostra città (Firenze) […] fu, ancora non è gran tempo, un dipintore chiamato Calandrino, uom semplice e di nuovi costumi (di modi bizzarri) […] Era similmente allora in Firenze un giovane di maravigliosa piacevolezza in ciascuna cosa che far voleva, astuto e avvenevole (piacevole), chiamato Maso del Saggio, il quale, udendo alcune cose della semplicità di Calandrino, propose (decise) di voler prendere diletto de’ fatti suoi col fargli alcuna beffa o fargli credere alcuna nuova cosa (qualche sciocchezza). […] E informato un suo compagno di ciò che fare intendeva, insieme s’accostarono là dove Calandrino solo si sedeva, e faccendo vista di non vederlo, insieme incominciarono a ragionare delle virtù di diverse pietre, delle quali Maso così efficacemente parlava come se stato fosse un solenne gran lapidario (un grande esperto di pietre preziose). A’ quali ragionamenti Calandrino posta orecchie (prestata attenzione), e dopo alquanto levatosi in piè, sentendo che non era credenza (che non si trattava di un colloquio riservato), si congiunse con loro (si unì a loro), il che forte (molto) piacque a Maso; il quale, seguendo le sue parole (proseguendo il suo discorso), fu da Calandrin domandato dove queste pietre così virtuose si trovassero. Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone (luogo immaginario) terra de’ baschi (abitanti delle zone nord-occidentali della Spagna che avevano fama di un popolo dalle bizzarre abitudini) in una contrada che si chiamava Bengodi (altro luogo immaginario), nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevavisi un’oca a denaio e un papero giunta (per un denaro si poteva avere un’oca e, in aggiunta, un papero), e eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni (gnocchi) e raviuoli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi (da qui, cioè dalla montagna di parmigiano), e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel di Vernaccia, della miglior che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua.” (…continua)
“E’ una Norma!”
La Pasta alla norma è un piatto tipico della cucina siciliana, in particolare di quella catanese. Il suo nome trae origine, secondo la tradizione, da un elogio che il commediografo Nino Martoglio, nell’autunno del 1920, esternò durante un pranzo a casa dell’attore teatrale Janu Pandolfini. (…continua)
I vini rosé
Il vino rosato è da sempre sottostimato. Non so se perché è tenuto in scarsa considerazione dagli addetti ai lavori, di certo i consumatori lo amano poco perché erroneamente lo ritengono spesso una miscela malriuscita di vino rosso e vino bianco. In Italia non ci sono notizie certe sulla nascita del vino rosato. Il primo (almeno il primo messo in commercio) viene alla luce nelle cantine di Leone De Castris nel 1943, in una contrada nel feudo di Salice Salentino chiamata “cinque rose”, da cui il nome del primo rosè. (…continua)
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Il cappuccino di Buenos Aires
Fare quattordici ore e mezzo di volo transoceanico, scendere acciaccati (e quasi sconfitti) dalle poltrone del velivolo, mettere i piedi in terra e chiedere un cappuccino: che senso ha arrivare fino a Buenos Aires e pretendere quello che qualsiasi bar italiano offre in qualità notoriamente ineguagliabile? Eppure, fidatevi, l’esperienza merita. Solitamente servito in eleganti bicchieri lunghi e trasparenti, più o meno sinuosi, forniti di manico, il cappuccino di Baires è un mix di ingredienti, quasi un cocktail: caffè (più lungo all’americana che espresso all’italica maniera), cacao, zucchero, cannella e tanti ciuffetti di saporitissima panna. Il prezzo (variabile, come in tutte le grandi città del mondo) include anche un piccolo bicchiere d’acqua (rigorosamente frizzante; a volte affiancato da un bicchierino di succo d’arancia) e dei dolcetti. Biscottini al cocco, allo zucchero nero, alle spezie, barchette di pasta frolla, graziosissimi amaretti in formato mignon. Come noto, bar e caffè occupano un posto speciale nella quotidianità e nella cultura di Buenos Aires. …continua
Bocconi amari?
L’attacco ai mangioni non conosce pause. A supportare la campagna mondiale contro l’obesità, ormai priorità nel “programma salute” di tutte le società occidentatli, arriva la forchetta elettronica. Tra smartphone, tablet e tv intelligenti, al Consumer Elettronics Association, la più importante convention dell’elettronica che quest’anno si è tenuta a Las Vegas, la grande novità è stata la forchetta elettronica che si collega al web e ti dice come e quanto mangi. Progettata dall’ingegnere francese Jacques Lepin, ha al suo interno speciali sensori in grado di memorizzare, nel corso della giornata, l’orario di inizio e di fine pasto, il numero di forchettate portate alla bocca e la velocità. Se fai due forchettate in meno di dieci secondi, un led rosso comincia a lampeggiare (pensate che ansia!), avvertendoti che ti stati ingozzando. …continua
Caro Cupido, un fiore in bocca può servire?
“Un fiore in bocca può servire…”, cantava Battisti. “Purché sia italiano…”, aggiunge oggi la Confagricoltura. E spiega: se per San Valentino tutti gli innamorati regalassero un bouquet di fiori made in Italy, sarebbe una bella iniezione vitale per un settore che, come tanti altri, soffre profondamente gli effetti della crisi economica. In fondo, a guardare i dati, degli ultimi due anni, si tratta di una tendenza consolidata: quasi un italiano su due, affida ai fiori le palpitazioni del proprio cuore e onora la festa di Cupido soprattutto con le rose rosse. Solo che spesso, non controlla la provenienza o per risparmiare un po’ acquista mazzi cresciuti in serra, senza aver mai visto la luce del sole a migliaia di chilometri da qui. Mazzi, ci tiene a sottolineare il Presidente dei florovivaisti italiani, meno colorati, duraturi e autentici. Ossia all’opposto di come dovrebbe essere ogni amore che si rispetti. …continua
“I dolci dell’amore”: una nuova via della missione
Cucinare per gli altri è una manifestazione d’amore. Una verità portata alle estreme conseguenze da uno scrittore cattolico di Taiwan che nel suo libro, I dolci dell’amore, presenta una nuova via all’evangelizzazione: i fornelli. Partendo dai presupposti che “esistono tanti modi per far conoscere il messaggio di Gesù” e che “mangiare insieme è una cosa che accomuna tutti i popoli a qualsiasi latitudine”, John Jia immagina il cibo come la nuova frontiera dell’opera missionaria. Da qui l’idea di un libro che raccoglie 50 ricette di torte, pensate e cucinate per prendersi cura degli altri. “Ho avuto modo di viaggiare e conoscere molta gente – ha raccontato John Jia ad Asianews – ed ho intervistato monaci, padri, suore, mamme, cuochi e portinai: a tutti ho chiesto quale fosse il loro dolce preferito e poi ho raccolto le 50 migliori ricette e le ho pubblicate, con l’idea che attraverso le torte puoi comunicare l’amore! L’amore dei genitori, degli amici, dei compagni di lavoro, passa spesso attraverso i dolci, e a maggior ragione si può dire lo stesso dell’amore di Gesù”. Così mentre in Italia, al Festival delle Scienze, si conferma che la ricetta per la felicità passa anche dalla cucina, a Taiwan, dove “I dolci dell’Amore” sta andando a ruba, si scopre che anche lo spirito si può prendere per la gola.
“Esiste una formula della Felicità?”
Si è concluso il Festival delle Scienze all’Auditorim Parco della Musica di Roma. Il tema di quest’anno: “Esiste una formula della Felicità?” Tra i big della scienza, premi nobel, illustri filosofi e matematici, ospiti di eccezione per la prima volta, c’erano cuochi ed esperti della letteratura eno-gastronomica afrodisiaca. Tanto per affermare che la felicità è una cosa seria e la ricetta per raggiungerla passa anche dalla cucina. Il legame tra cibo e benessere è da sempre convinzione universale, lo testimoniano il proliferare di trasmissioni sul cibo, l’esplosione di blog e ristoranti che realizzano corsi di cucina e cultura eno-gastronomica. Il legame stretto, tra alimentazione e sfera psicologica è riconosciuto dalla scienza. lo stesso Ippocrate suggeriva di usare il cibo come medicina per il corpo e per la mente. Ma il festival delle scienze ha posto la sua attenzione non sul cibo come buona fonte di energia fisica, ma come fonte di benessere, tranquillità a livello psichico, come contrasto agli eventuali sintomi depressivi, ansiogeni e di stress. …continua
Diffidate dell’uomo che vuole sempre pagare il conto
Non so quante lettrici giovani (under 30) ci siano tra i fan di MadamaRicetta, ma spero tante, perché questa riflessione è per loro. O per chi, anche over 90, è ancora disposta a cambiare un po’ il mondo. Premessa: a Milano è nata la “Carta2per1” che, al costo di 49,90 euro l’anno, permette di consumare un numero illimitato di cene infrasettimanali per due, pagando metà conto. Al momento sono oltre cento i locali della città che hanno aderito al progetto, offrendo ai loro clienti questa occasione. È una bella trovata, uno scossone intelligente non solo all’attuale crisi economica, ma anche ad alcune consuetudini sociali ammuffite e pericolose. Basti pensare a cosa accade quando arriva il conto della cena a una coppia mista. …continua
Siamo lieti di comunicarvi una nuova collaborazione con MadamdaRicetta. Mario Campli, funzionario della Commissione Europea che si occupa di agricoltura, ci invierà le ultime news sui lavori e le nuove proposte di Bruxelles in tema…così da allargare i nostri orizzonti.
L’etichetta “Prodotto di montagna” prende forma. Sono in arrivo agricoltura locale e vendita diretta?
La Commissione presenterà una serie di linee guida che definiranno chiaramente i parametri sotto i quali gli agricoltori potranno etichettare i loro prodotti come “prodotti di montagna” nei prossimi mesi. Parlando in una conferenza sul tema, infatti, il Commissario Ciolos ha ribadito l’importanza di mantenere le comunità agricole nelle regioni montuose, sotolineando il loro contributo alla vitalità economica e alla conservazione del tessuto rurale dell’Europa. E ha anche contestato la nozione che queste aree possono sopravvivere solo se sostenute con un aiuto pubblico, chiedendo alle capitali nazionali di assisterle per sviluppare il loro potenziale in agricoltura e nel turismo. …continua
Social Shopping: l’unione fa lo sconto
Ben prima dell’allarme Istat (“inflazione record del 3 per cento nel 2012″), lo avevamo toccato tutti con mano: il prezzo della spesa cresce di giorno in giorno e, dalla benzina al pane, non c’è più scampo per il portafogli. Che fare? Dove si poteva tagliare già si è tagliato. Molte famiglie hanno diminuito l’uso della macchina e, secondo gli ultimi dati della Coldiretti, consumano più pasta, gnocchi e uova e meno pesce, vino, frutta e carne (un toccasana per la salute nazionale). Meglio allora, cercare altre soluzioni, con un po’ di fantasia. E farsi una cultura in tema di Share Economy o social shopping, ossia di spesa condivisa. Ieri il Wall Street Journal ha decantato gli innumerevoli vantaggi di questa esperienza, in primis quello di un reale e consistente risparmio. …continua
L’India delle Donne
Di ritorno dal mio ultimo viaggio, ecco le mie impressioni sull’India, viste con gli occhi di una donna. È difficile fare un racconto leggero –come nello stile di Madama Ricetta- della situazione femminile in India. Raccontare la condizione delle donne indiane è impossibile, o meglio inconcepibile per noi occidentali. Frutto di un cultura arcaica, alla nascita già avviene la selezione, e quelle che scampano all’infanticidio si ritrovano giovani adolescenti sposate con un uomo che non hanno mai scelto. Nonostante i movimenti femministi degli anni 70/80 e la ratifica nel 1993 della Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, in questo enorme paese “democratico” le discriminazioni femminili, all’interno della famiglia e della società, sono all’ordine del giorno. L’India è un paese di enormi contraddizioni, dove il sistema delle caste annienta qualsiasi barlume di democrazia reale. (…continua)
la cucina in India
In India le pietanze vengono servite tutte insieme ed ognuno le mescola secondo il proprio gusto (una fortuna per noi occidentali che usavamo enormi quantità di riso bianco per stemperare il piccante delle loro piatti). Gli indiani non usano le posate, generalmente, utilizzano un pezzo di pane (senza lieto, una sorta di piadina) a guisa di cucchiaio e mangiano rigorosamente solo con la mano destra. L’ingrediente principe di tutte le ricette indiane, come dicevo, è il peperoncino che unito alle spezie (cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, curcuma e tantissime altre) la fa da padrone in tutte le pietanze. L’aroma che occupa un ruolo essenziale nella cucina indiana è il curry che non è una singola spezia ma un’insieme di aromi ed è preparato ad hoc da ogni cuoco. Anche nelle famiglie la donna ha sempre la sua ricetta personale che custodisce gelosamente. (…continua)
leggi anche le ricette indiane
Dieta post-natalizia? No, grazie.
Già solo salire sulla bilancia all’indomani dell’epifania è un atto che rasenta il masochismo. Decidere poi di passare bruscamente da un regime alimentare tutto sfizi e cioccolato ad uno di sacrifici e rinunce è follia. Eppure lo fanno in tanti. Prima – tra Natale e la Befana – giustificano le abbuffate prospettando a se stessi un implacabile digiuno di inizio d’anno. Dopo, scattata l’ora x, riempiono il frigo di cavoli e petti di pollo e, con un clamoroso autogoal, si danno la vita maledetta. L’inevitabile fatica che accompagna ogni dieta, infatti, a gennaio si eleva all’ennesima potenza. Il primo mese dell’anno è già, di per se, una corsa a ostacoli. Il clima è rigido, le giornate cortissime, le tasche più vuote e le prossime vacanze lontanissime. I buoni propositi di ogni sorta, inoltre, affollano le agende nuove di zecca, portandosi dietro un bel carico di stress (oltre che di entusiasmo). Perché dunque a tutto ciò aggiungere un “piatto che piange”? A sconsigliare le diete post-natalizie, oltre al buon senso, interviene quest’anno un’autorevole ricerca pubblicata sulla rivista International Journal of Obesity e condotta dall’Università di Montreal. (…continua)
Maccheroni addio
Oscuri presagi si addensano sui nostri piatti di pasta asciutta, sia sul fronte scientifico che su quello politico. È rimbalzata su tutti i giornali la notizia che il surriscaldamento ambientale minaccia seriamente la produzione di grano. Il Newsweek ha dedicato alla questione la sua ultima copertina, dal titolo apocalittico “The end of pasta”. Da qui al 2050, estati sempre più torride manderanno in fumo circa un quarto degli spaghetti attualmente consumati in tutto il pianeta. A meno che, naturalmente, non mettiamo un freno agli sprechi energetici. E veniamo al fronte politico. Tra i volti nuovi (davvero troppo ignoti) che hanno popolato le primarie on line di Beppe Grillo (le cosiddette parlamentarie) è comparso quello di Tony, pacioso 35enne che dal cuore della sua stanza da bagno, accomodato sulla tazza del water, annuncia il proprio programma elettorale. (…continua)
Il tacchino sul tetto: analisi politica in chiave “proverbiale”
I proverbi sono frutto della saggezza popolare. È vero più che mai, se massime e aforismi vengono pescati direttamente dalla tavola o dalla pancia, ossia dalla quotidiana esperienza del mangiare. L’importante è pescare bene, senza eccedere (gettando troppa carne al fuoco), citare a sproposito (come cavoli a merenda) o prendere cantonate (vedi il “passerotto in mano e il tacchino sul tetto”). Nel mondo politico, si sa, il campione indiscusso di proverbi e metafore è Pierluigi Bersani, gallina vecchiotta che indubbiamente fa buon brodo (“Nel brodo – spiegava ieri Crozza imitandolo – mica ci si entra per far l’idromassaggio, ragazzi!). I detti popolari di matrice eno-gastronomica tuttavia non calzano a pennello solo al vincitore delle primarie. Al contrario, rivelano molto su numerosi suoi colleghi, a cominciare dallo sfidante sconfitto Matteo Renzi, che per risparmiarci “la solita minestra riscaldata”, ha bruciato le tappe della sua carriera politica, preferendo l’uovo di oggi alla gallina di domani, e ora è costretto a mangiar pane e cicoria (Rutelli docet). (…continua)
Venezia: lo spuntino doc dei “zemei”
Voler fare uno spuntino a Venezia crea un certo stato d’ansia. I bar si susseguono a decine in ogni calle, ma le cibarie troppo colorate messe in mostra in vetrina ricordano per lo più quei panini di gomma che usano i bambini per giocare. In alternativa locali lussuosi con camerieri in guanti bianchi promettono stangate memorabili. Con grande gioia, quindi, abbiamo scovato sabato scorso, tra la casa di Goldoni e Rialto, l’Ostaria dai Zemei (San Polo, Ruga Vecchia di San Giovanni 1045), locale piccolo, ma accogliente, con i tavolini fuori e un bancone “artistico”, composto da panini, paninetti e crostini d’ogni genere, con abbinamenti riuscitissimi: lardo e rucola, baccalà, radicchio e alici; caprino e bresaola; petto d’oca con olio tartufato; ventricina piccante, spuma di tonno, pomodorini e pinoli. E ancora: culatello cotto alla brace, speck, salame in più varianti e diversi tipi di pesce. Ottimi inoltre i fritti: baccalà, polpettine di carne, di tonno o di melanzane, mozzarella in carrozza, fiori di zucca.
Temple Bar Market: una piazza di cuccagna nel cuore di Dublino
È noto: il modo migliore per conoscere una città è dimenticare la guida in albergo e perdersi nei suoi meandri. Sabato scorso ne ho avuto conferma a Dublino scoprendo, per caso, il mercato biologico di Meeting House Square. Infreddolite e deluse, con la mia compagna di viaggio, giravamo di prima mattina per Temple Bar, quartiere famoso per la vita notturna, ma decisamente poco interessante alla luce del sole. Soprattutto se il vento fischia forte e le mani si gelano nonostante i guanti. All’improvviso dal fondo di una scala stretta e buia è giunto a rinfrancarci un caldo profumo di coccole e delizie. Uno di quei “fuori programma” da cogliere al volo. E così abbiamo scoperto il Temple Bar Farmers Market, un tripudio di specialità irlandesi biologiche, provenienti da Dublino e dintorni. (…continua)
La religione a tavola: a Roma 4 incontri sul rapporto tra cibo e fede
Guardare nel piatto altrui – comportamento severamente ammonito fino a un paio di generazioni fa – la dice lunga su stile di vita, abitudini e gusti del commensale. E non solo: può rivelare molto anche sul credo religioso dei singoli individui o di una collettività. Le psicologhe Grazia Polimeni e Stefania Traina, esplorano questo territorio proponendo, dal 20 novembre al 5 febbraio, a Roma, un percorso di quattro incontri su cibo e religione (cibo e buddismo, cibo e cristianesimo, cibo e islamismo ed cibo ed ebraismo). “L’alimentazione – si legge nel loro progetto – definisce la nostra identità personale, culturale, etnica e religiosa”. (…continua)
Lavoratori da Spremere
Non pensate che l’etichetta sia il mio chiodo fisso! Ma ancora una volta torniamo a parlare di etichettatura dei prodotti alimentari. Stavolta MadamaRicetta propone ai Parlamentari di presentare un disegno di legge sull’obbligo di esporre in etichetta: “prodotto ottenuto nel rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori”. Il monologo di Roberto Saviano, di lunedì 5 novembre a “che tempo che fa”, è solo l’ultimo di una lunga serie. Se ne sono occupati organi di stampa e trasmissioni televisive: dalla Gabanelli a Report a Riccardo Iacona in Presa Diretta. Dalle arance di Rosarno ai pomodori pugliesi, articoli di stampa e servizi nei telegiornali hanno descritto le condizioni dei lavoratori soggetti al caporalato. Ma la situazione degli immigrati che arrivano con i permessi stagionali, peggiora sempre più, senza che nessuno si degni di fare un controllo. …continua
Primo bilancio di Madama Ricetta: chi si loda non si sbroda
Ogni scarafone è bello a mamma sua. Non stupitevi quindi se approfittiamo di questo primo bilancio di Madama Ricetta per decantare le sue molteplici qualità. A sei mesi dalla nascita, infatti, la nostra creatura ha raggiunto traguardi che richiedono generalmente uno, se non due anni di tempo. La sua d’altronde è una vita intensa, grazie alla passione con cui le progenitrici la allevano e all’affetto dei tanti amici che la seguono. Su questo fronte siamo giunte quasi a quota 18 mila pagine visitate. A seguito della newsletter del mercoledì, ogni settimana registriamo 250 ingressi e oltre 800 clic. E ciò rappresenta il primo grande traguardo di questa precoce pargola, che riesce a soddisfare le esigenze di un’ampia rosa di amanti della buona tavola. (…continua)
All’avverduraggio! Un eroe tv invoglia i bimbi a mangiar sano
In epoca di rottamati e rottamatori, il cartone animato Capitan Kuk prova a fare lo sgambetto all’ultraottantenne Braccio di Ferro. Il mitico marinaio us, pipa in bocca e spinaci in tasca, viene infatti sfidato sulla prima delle sue specialità: invogliare i piccoli consumatori a mangiare verdure. La sua rivisitazione moderna è il giovane Kuk che nella serie trasmessa in Italia la scorsa primavera su Rai Yoyo e a breve nel palinsesto di Rai Due, sconfigge nemici e avversità grazie a sostanziose scorpacciate di frutta e verdura. Capitan Kuk veleggia a bordo di “Vitamina”, vascello a forma di Peperone, nell’arcipelago di Health e, al grido di “all’avverduraggio”, salva sempre gli abitanti dall’ingordo Golosix, crudele pirata e ladro incallito di cibo. Al suo fianco la sorellina Chiara, il re di Health Mabù (trasformato dai cattivi in una palla di pelo) e il prezioso “Cercafrutta”: una sorta di bacchetta magica all’avanguardia che svelando i super poteri di mele, banane, carote e simili, lo trae sempre d’impaccio nelle peggiori situazioni. (…continua)
Ora tocca a noi!
Dopo gli articoli delle scorse settimane sull’importanza dei prodotti bio (leggi l’articolo), sulla Proposition 37 -il referendum che si terrà in California sull’obbligo di dichiarare nelle etichette dei prodotti, l’eventuale presenza di ogm (leggi l’articolo)-, e dopo i servizi di Striscia la Notizia sui vini contraffatti e le migliaia di prodotti spacciati per made in Italy, questa settimana tocca a noi. In Senato, finalmente, sarà approvata una legge che prevede l’obbligo di riportare nell’etichettatura l’indicazione del luogo di origine o di provenienza e l’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati (OGM) in qualunque fase della catena alimentare. (…continua)
“Bio ci Ama”
Già la scorsa settimana, non mi erano sfuggiti, nelle rubriche di scienza e alimentazione, diversi articoli sui cibi biologici, dal titolo “più buono, ma non più nutriente” o “cibo biologico bocciato a metà”. A seguito di uno studio, sui cibi con etichetta bio, l’Università di Stanford era giunta a questa conclusione: nessuna differenza rispetto ai prodotti convenzionali.
Nel fine settimana alcuni quotidiani sono tornati un’altra volta a scoraggiare i consumatori del BIO: stesso argomento e stessi titoli.
E allora no, non ci sto! E’ vero, una carota è una carota. Una carota ha 20 calorie, una carota bio ha 20 calorie.
Nessuna vitamina in più, né maggiori concentrazioni di proteine, ma un rischio di contaminazione con i pesticidi ridotto del 30% e una maggiore concentrazione di antiossidanti, vi pare niente?
Per non parlare delle carni (delle uova abbiamo parlato alcune settimane fa), la concentrazione degli animali e il regime alimentare forzato aumentano lo stress, le malattie e la pericolosità microbica e la diffusione di infezioni batteriche, ricordate ” la mucca pazza”, ” il pollo alla diossina” “l’influenza suina”. (…continua)
Fame nel mondo: che posso fare io?
Soffrire la fame e morire di fame: ipotesi così lontane dalla nostra esperienza quotidiana da apparire inverosimili. O meglio, sappiamo che accade, ma difficilmente riusciamo a immaginare cosa significhi. La memoria nazionale sui sacrifici patiti in tal senso qui, in Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale si va inevitabilmente assottigliando ed è sempre più raro ascoltare testimonianze dirette che aiutino le generazioni presenti a collocare il dramma della fame nell’universo del possibile. Pance gonfie, visi scavati, corpi scheletrici sono altri mondi, altre galassie, altre vite. Altro da noi. Così i rapporti annuali delle realtà internazionali in prima linea su questo fronte, ci colpiscono sempre come uno schiaffo: un dolore anche acuto, ma temporaneo, che non lascia il segno. Oggi Madama Ricetta vuole che un segno rimanga, almeno tra le sue pagine web. (…continua)
Occhio all’etichetta!
Siamo a meno di un mese dalla sfida tra Barack Obama e Mitt Romney. Elezioni importanti che, loro malgrado, rischiano di oscurare il contemporaneo referendum Californiano: la Proposition 37. Una legge, che in caso di approvazione, obbligherà a dichiarare in etichetta l’eventuale presenza di ogm nei prodotti alimentari. Se i sondaggi non sono così favorevoli ad Obama, sembrano esserlo alla Proposition 37: il 65% dei californiani, infatti, si dichiara favorevole all’etichettatura. Un terremoto economico per le grandi multinazionali come Monsanto, Nestlè, CocaCola, fermamente contrarie, che sentono profumo di perdite enormi per le loro aziende. Non è un divieto alla produzione ma solo un obbligo d’informazione, e non è cosa da niente. (…continua)
Il gusto speciale e antico dello “street food” (in Festival a Cesena)
Alcuni dei ricordi gastronomici più belli delle mie vacanze sono legati al “cibo di strada”: gli hot dog newyorkesi durante le lunghe passeggiate per Central Park, il chapati indiano scoperto a Mandalay, in Birmania, e le panelle di Palermo sulla piazza davanti alla celebre Focacceria San Francesco. Bocconi, con un gusto speciale, che raccontano storia, tradizioni e carattere del loro luogo d’origine. Non solo al turista. Anche nella capitale, dove sono nata, lo street food regala grandi soddisfazioni. I panini con la salsiccia più buoni della città, li fa lo Zozzone, banchetto malandato che compare nottetempo su uno slargo di Corso Francia, chiuso due anni fa per motivi igienici e riaperto poco dopo per le proteste dei tanti affezionati. (…continua)
Una scampagnata in città
Cornice d’eccezione per il primo festival di Campagna Amica: la vallata del Circo Massimo a Roma, dal 27 al 30 Settembre. L’evento “Cibi d’Italia” racconterà ai consumatori il valore autentico delle produzioni agricole italiane: il cibo, il territorio, il saper fare, le tradizioni locali. Dalle malghe ai tavolieri, dai pascoli alle vallate, dall’agricoltura al cibo nel piatto: buono ma soprattutto sano, nel rispetto della sicurezza alimentare, ambientale e di tipicità. (…continua)
Un Pic Nic di Lusso
E’ stato “Un Pic Nic di Lusso” in tutti i sensi. MadamaRicetta non poteva mancare e le sue impressioni stavolta non sono del tutto positive. Grandi cuochi è vero, ma anche grandi prezzi. La prima perplessità all’accoglienza: ingresso 16 euro, una cifra eccessiva per degli assaggi tutti a pagamento. Una volta entrati, se si vuol mangiare, è necessario acquistare una card ricaricabile con multipli di 5 euro (quindi se ne spendi 16 se costretto a buttarne 4).
Taste of Roma, manifestazione enogastronomica, nata a Londra, ed esportata in altre città del mondo, nella sua versione romana, presso i Giardini Pensili dell’Auditorium Parco della Musica, ha lasciato qualche dubbio sull’allestimento, e non solo. Progettata più per gli organizzatori che per i visitatori, è stata soprattutto un via vai di domande, consigli, curiosità, dialoghi fitti e scambi di bigliettini tra chef, esperti e blogger. (…continua)
Uova virtuose e cervelli di gallina
Più pragmatico del filosofo, il consumatore informato non ha dubbi: nasce prima la gallina dell’uovo. O meglio, da una gallina felice, nasce un uovo più buono. Ogni italiano consuma in media quasi 14 chili di uova all’anno – in parte in maniera indiretta tramite l’assunzione di altri alimenti – e nell’80 per cento dei casi provengono da galline maltrattate: le pennute, infatti, vivono a milioni chiuse in gabbie minuscole senza la possibilità di stendere le ali o appollaiarsi: stressate, depresse, arrabbiate. Come le celebri protagoniste di “Galline in fuga”. Preoccuparsene non è fisima da animalisti, ma segno di civiltà e di intelligenza. Possiamo fidarci di uova covate alla svelta in batteria – a seguito di chissà quale alimentazione – e raccolte da nastri meccanici che scorrono sotto le gabbie? (…continua)
Un Rifugio baby friendly nel cuore dell’Abruzzo
Scegliere il ristorante in base al parco giochi. Prima non mi era mai successo. Prima di essere mamma, naturalmente. Poi, tutto cambia, anche la scelta degli svaghi serali. Si, d’accodo, ogni tanto il piccolo si può mollare – non è mica un francobollo – ma non sempre è possibile, soprattutto in vacanza. E, allora, via con la ricerca dei ristoranti ‘baby friendly’, ossia dei locali dove clienti e camerieri non inorridiscono se tuo figlio di un anno e mezzo invoca ‘pappa’ a gran voce, infila la mano nel piatto e se la passa sulla maglietta, sputa un boccone troppo grosso, sbatte le posate sul piatto, poggia un piede sul tavolo e inevitabilmente dopo dieci minuti si lancia dal seggiolone e inizia a correre all’impazzata. Comprensibilmente non sono molti i ristoranti con queste prerogative di tolleranza e quando ne trovi uno a fine serata vorresti stringere calorosamente la mano al proprietario. (…continua)
“in caciaia”
Buona cucina a Livorno. Ecco il ristorante che fa per voi: “in caciaia” di Rosario Costanzi. Nello storico quartiere di Antignano, nella suggestiva piazzetta Castello trovate tavoli all’aperto posti davanti ad una grande lavagna, dove sono elencati i piatti del giorno. Rosario vi accoglie con cortesia descrivendo qualche piatto e i pesci che è riuscito ad acquistare, in giornata, dai pescatori di Antignano e del porto vecchio. (…continua)
Plachutta Wollzeile
Non si può passare da Vienna e non andare da Plachutta, ormai fa parte della città come il Stephansdom, il fascino antico della ruota panoramica del Prater o il bacio di Klimt.
Lo chef Plachutta, ormai di fama internazionale, è considerato il miglior ambasciatore della cucina unica viennese ed è autore del libro di cucina austriaca di maggior successo. Gault Millau lo ha nominato chef dell’anno 1991 e ha solo un anno più tardi, nel 1992, gli ha assegnato tre cappelli. Nello stesso anno ha ricevutola A LaCarte “Gourmet Trophee” Austria. Nel 1993, Ewald Plachutta si è guadagnato anche una stella Michelin. (…continua)
Un PIC-NIC di lusso
Taste of Roma sbarca nella capitale. Dopo tre edizioni di grande successo a Milano, il festival enogastronomico che ha conquistato il mondo, dal 20 al 23 settembre arriverà sui giardini pensili dell’Auditorium Parco della Musica per deliziare gli ospiti con assaggi di alta cucina e vini prelibati. Per quattro giorni, il celebre Restaurant Festival, in versione romana, organizzerà corsi di arte culinaria e presenterà in oltre sessanta stand, produttori e aziende selezionati, con i loro migliori prodotti. I più acclamati chef dei ristoranti romani, animati dal desiderio di offrire una gastronomia d’eccellenza alla portata di tutti, usciranno inoltre dalle proprie cucine, stellate e non, per incontrare i fan, svelare segreti e ricette e, perché no, divertirsi esibendosi ai fornelli a cielo aperto! Si andrà dalla tradizionale cucina italiana, a quella tipica romana e regionale, con sconfinamenti nella cucina creativa e sperimentale. Il biglietto d’ingresso costerà 16 euro e comprenderà, oltre alle degustazioni di cibo e di vino, la partecipazione ai corsi di cucina e, soprattutto, nell’orario di pranzo e di cena, la scelta di “una delle tre specialità che proporrà ogni ristorante, studiate in formato antipasto-assaggio” (taste appunto): i piatti maggiormente rappresentativi della filosofia culinaria di ciascun chef e delle tradizioni locali, con una spesa che andrà dai 4 ai 6 euro. (…continua)
Ad Albenga terreni creativi e arte in serra
Gli antichi lo chiamavano locus amoenus, posto incantato che grazie alla sua bellezza, delizia lo spirito e accende la creatività umana. L’esempio più alto, nella letteratura italiana, lo offre Boccaccio che nel Decameron dà vita per i suoi novellieri, fuggiti dalla peste di Firenze, ad una cornice bucolica simile al paradiso terrestre. La rivisitazione più irriverente dei tempi moderni la troviamo invece nel film Tamara Drewe, dove la campagna inglese si trasforma per alcuni scrittori da Musa ispiratrice a scenario di torbide passioni. Nel mezzo, si colloca la felice intuizione di Terreni Creativi, Festival che porta l’arte nelle serre e sui campi coltivati di Albenga, nel cuore della Liguria. Il locus amoenus della kermesse, giunta alla sua terza edizione, sono infatti tre importanti aziende agricole della zona (Terra Alta s.r.l, CeRSAA e Aeffe Floricoltura): luoghi di lavoro protagonisti delle dinamiche economiche e sociali della provincia di Savona, che dal 6 all’8 agosto si trasformeranno in suggestive scenografie per ospitare spettacoli e performances di vario genere. L’obiettivo è coniugare produzione artistica e produzione agraria, entrambe espressione del migliore spirito ingauno (da Album Ingaunum, antico nome della città, mutato dopo la sua conquista da parte dei Romani). (…continua)
Donne di latte vestite
Latte freddo, caldo, in tazza, al vetro: sono diversi i modi di consumare questo prelibato nettare a colazione e dall’autunno, ce n’è uno in più: indossarlo! E sì, una designer tedesca Anke Domaske di 28 anni ha inventato un tessuto rivoluzionario nato dal latte, ovviamente ecocompatibile e adatto alle persone con problemi di allergie e dermatiti, il “qmilch”: sembra seta e può essere lavato e asciugato come il cotone. Così dopo l’abito fatto con il vino, arriva quello appena munto. Il termine nasce dall’unione del nome tedesco del latte, “milch”, con la parola “qualità”. Dopo due anni di ricerca la microbiologa, con la passione sfrenata per il fashion design, e la sua squadra sono arrivati ad adoperare la caseina, estratta dai residui del latte, che non possono essere utilizzati per la produzione alimentare, come materia prima per la realizzazione di una bio-fibra. Il tessuto risultante è la prima fibra prodotta dall’uomo senza aggiunta di alcun componente chimico: idea rivoluzionaria, a basso impatto ambientale e soprattutto eco-sostenibile. Tale tessuto infatti può essere ricavato anche dal latte scaduto o scartato dai processi industriali caseari che, altrimenti, andrebbe buttato. (…continua)
Una spolverata di reggiano che fa la differenza
Mangiare parmigiano è tutt’altro che un sacrificio e informarsi su come acquistare quello prodotto nelle aziende emiliane colpite dal terremoto dello scorso maggio è semplice e veloce (basta consultare, tra gli altri, www.parmigiano-reggiano.it). Non stupisce dunque che già un italiano su quattro abbia fatto questa scelta (secondo i dati appena diffusi dalla Coldiretti). Gente intelligente, consumatori responsabili che mettono in pratica in modo fruttuoso le migliori regole del consumo critico. Il loro gesto non costa niente (il parmigiano regna sovrano su ogni tavola italiana), ma serve tanto. Serve a scongiurare la chiusura degli oltre 80 caseifici – per la maggior parte nel modenese – distrutti o gravemente danneggiati dal sisma e il conseguente collasso degli altri anelli della catena produttiva: stalle e fienili, mungitoi, magazzini di conservazione, studi veterinari etc… Serve, inoltre, a contenere un danno, quello causato al comparto caseario emiliano dalle scosse, calcolato in circa 200 milioni di euro (500 mila le forme di parmigiano crollate rovinosamente dagli scaffali). (…continua)
“recensioni”
“Mediterraneo”, ristoranti in periferia
Se un giorno scopriste di avere una gran voglia di mangiare dei buoni piatti a base di pesce non dovete necessariamente salire in macchina ed affrontare le estenuanti code verso il mare. A contraddire chi pensa che in periferia non ci sono buoni ristoranti ci prova “Mediterraneo” che, lo scorso 12 luglio, ha aperto i battenti a Morena, estrema periferia di Roma sud. Ambiente dal design elegante, molto curato, ma al contempo rilassante e confortevole. Il pavimento e le pareti: un mosaico di mattonelle di stile siciliano, tutte diverse e coloratissime, creano un’atmosfera accogliente e calda. Gestito da due fratelli Fabio e Pier Luigi, che hanno già maturato una lunga esperienza nel settore, il “Mediterraneo” ha una cucina che mette al primo posto la qualità del prodotto. (…continua)
Se la formica fa chic
Non è la prima volta che l’Occidente scopre, ciò che nell’altra metà del pianeta è “l’acqua calda” e lo trasforma in una moda. Soprattutto a tavola. È il caso dell’ agricoltura urbana di cui ci siamo ampiamente occupate o delle mille e una ricette che vengono importate da Thailandia, India o Corea e proposte dai ristoranti esotici più in voga di Londra, New York o Milano. La storia si ripete questa volta con gli insetti. Da anni ormai la Fao raccomanda un maggior utilizzo di larve, formiche e scarafaggi nelle diete delle popolazioni che soffrono carenza di cibo, sottolineandone i vantaggi: il valore nutrizionale, l’ampia disponibilità, i costi ridotti o inesistenti. In molti Paesi s tratta solo di assecondare o incrementare abitudini consolidate. (…continua)
“libri”
A fuoco lento, ricette per l’inclusione sociale
Riportiamo una bella recensione, dal titolo “Menù a fuoco lento per condividere la vita”, apparsa sabato scorso sull’Osservatore Romano, a firma di Giulia Galeotti. Una (duplice) lettura da non perdere.
“Siamo bombardati, ormai, di cucina. Tra libri di ricette, programmi televisivi, riviste dedicate, personaggi tra i fornelli, rubriche, è una corsa a ostacoli. Salvo poi essere parimenti bombardati dalla gara tra suggerimenti ossessivi su quale sia il regime dietetico più facile, indolore ed efficace. Le prime posizioni delle classifiche di vendita dei libri in Italia restituiscono con inequivocabile chiarezza questo binomio, autenticamente schizofrenico. Eppure, tra il marasma di titoli e pubblicazioni, qualcosa di veramente appetitoso e salutare lo abbiamo individuato.
È A fuoco lento. Storie di ordinaria disabilita, ricette per l’inclusione sociale (Milano, altreconomia edizioni, 2012, pagine 112, euro 8), libro a cura dell’associazione Come un albero onlus e di Solidarius Italia, che riporta ricette di vita e di cucina raccontate da familiari di persone affette da disabilità mentale. (…continua)
Autosufficienza alimentare: un sogno evergreen
Orti improvvisati su tetti, balconi e terrazze, scelte a volte dettate dalla crisi, più spesso imposte dalla moda del ritorno al bio e dalla ricerca di cibi più genuini. Riprendiamo un argomento trattato alcune settimane fa (vedi “Un ortotavolo per la vita” ), per darvi notizia di un’interessante pubblicazione resa disponibile al pubblico italiano in questi giorni. L’agricoltore inglese, John Seymour, sostenitore convinto della teoria dell’autosufficienza alimentare e produttiva, nato a Londra nel 1914, in tempi ancora non sospetti, scrisse nel 1978 un vero e proprio manuale teorico-pratico su una scelta/stile di vita ecosostenibile – “L’orto e il frutteto secondo natura” – dando numerosi suggerimenti e indicazioni precise sui processi di preparazione del terreno, coltivazione, scelta dei migliori sementi, interessanti tavole botaniche e schede dettagliate sui vari alimenti. (…continua)
Ma cos’è questa crisi…
La crisi continua a imperversare e gli italiani? Sempre lì a lamentarsi. E allora cerchiamo, di trovare qualche piccolo accorgimento per risparmiare e qualche stimolo per ricominciare a sperare. Rodolfo De Angelis la cantò, così, già negli anni 30: “Ma cos’è questa crisi? pappa rapà papà!”. Un brano portato al successo anche dal grandissimo Gaber, con molta ironia, ma sopratutto con molte verità, come solo lui sapeva fare. Certo dal 1930, a giudicare dal testo, sembra non sia cambiato nulla, ma la storia ci insegna che ogni crisi porta con se, anche etimologicamente, l’idea del cambiamento e non necessariamente in peggio. (…continua)
Food Art, ovvero anche l’occhio vuole la sua parte
Che la cucina sia una forma d’arte è verità acquisita da tempo, almeno per madamaricetta, ma che l’arte possa alimentarsi di cibo è una scoperta piuttosto recente. A tutti forse è capitato di commentare un piatto ben presentato o una confezione di dolci particolarmente bella (pensiamo ai classici coniglietti di cioccolata) con l’esclamazione: “che meraviglia, è un peccato mangiarlo!”. Salvo poi divorarli in cinque minuti. Nei ricordi di infanzia di ognuno inoltre sicuramente è archiviata l’immagine di una mamma, di una nonna o di una zia che perdono ore a decorare la torta di compleanno dei propri piccini. Si sono spinti tuttavia oltre i “cake designer” protagonisti qualche mese di un’inedita gara nell’ambito della Fiera di Genova. (…continua)
Da Artusi a Parodi: tuffo nell’universo letterario dell’aspirante cuoco
Regola numero uno prima di mettersi ai fornelli. Assicurarsi di aver comprato tutti gli ingredienti? Avere in mente il piatto giusto? Possedere gli strumenti adatti? Niente di tutto questo…la vera arma segreta è farsi un giro in libreria. Io l’ho fatto e vi assicuro che si tratta di un’esperienza senza limiti, un vero e proprio bungee jumping della gastronomia. Tenetevi forte allora, i libri di cucina in commercio sono davvero tanti e il viaggio tra gli scaffali potrebbe lasciarvi senza fiato..o senza speranze, a voi la scelta. Ce n’è di ogni forma e colore, gusto e misura…
Partiamo dal reparto che definiremo dei “classici”, dove si alternano titoli altisonanti come “Il cucchiaio d’argento”, o testi considerati “sacri” come quelli di Gualtiero Marchesi o Pellegrino Artusi. Evergreen che nella vostra cucina potrebbero certamente trovare posto…ma senza portare con sé troppo entusiasmo direi. (…continua)
Via libera ai “cibi capitalisti” in Corea del Nord. E da noi, che colore (politico) hanno i piatti?
Cantava Gaber: “Una bella minestrina è di destra, il minestrone è sempre di sinistra”. E ancora: “Io direi che il culatello è di destra, la mortadella è di sinistra, se la cioccolata svizzera è di destra la Nutella è di sinistra”. Etichette lontane che tuttavia fanno sorridere, con il loro innegabile fondo di verità. Nell’Italia del XXI secolo che, nonostante la crisi economica, consente più o meno a tutte le tasche di arrivare al medesimo cibo, la connotazione politica del mangiare è percepita solo da palati, o meglio da menti, intellettualmente sofisticate. Ed è molto diversa dal passato, avendo anch’essa risentito della globalizzazione. A fare la differenza oggi, più che il prezzo dei prodotti, è la loro provenienza. Tra le campagne di boicottaggio contro le multinazionali che sfruttano il Terzomondo, assecondano i regimi oppressivi o violano i diritti dei lavoratori – solitamente promosse da realtà di sinistra – rientrano innumerevoli industrie alimentari: dalla Nestlé alla Chiquita, dalla Coca Cola a MacDonald. Chi bandisce dalla tavola i loro prodotti fa una scelta politica, una scelta di consumo critico. (…continua)
Nora Ephron: ” il vero capolavoro è la sua vita”
Scomparsa lo scorso 27 giugno, rimarrà tra noi attraverso l’arte il cinema il cibo, la bellezza e la soavità di tutte le sue creazioni. Nora Ephron, scrittrice, sceneggiatrice, regista, chef e, in principio e soprattutto, donna. La freschezza, l’ironia e la sensualità, sono il tratto distintivo di tutti i suoi film, a cominciare da ”Harry ti presento Sally” (per il quale ottenne una nomination all’Oscar), ”Silkwood” e ”Heartburn”. Altrettante fortunate le pellicole, ”Insonnia d’amore”, ”C’e’ posta per te” e ”Vita da strega”, che ha firmato da regista. E ancora: “Affari di cuore” (libro e film) e ”Julie e Jiulia” (…continua)
La forza del grano
“Secondo un antico detto, “non di solo pane vive l’uomo”. È una grande verità. Ma la panificazione, nata circa quattromila anni fa, è l’emblema della nostra civiltà. Non solo il pane è il cibo più buono che io conosca – appena uscito dal forno e intinto nell’olio d’oliva, con un pizzico di sale e uno di pepe, è ineguagliabile -, ma è stata la coltura dei cereali a spingere i nostri antenati nomadi a scegliere la vita sedentaria, da cui sono nate le prime comunità. Semina, mietitura, trebbiatura e molitura del grano non possono essere il frutto del lavoro di una persona soltanto, e così è anche per la panificazione, Il pane è sociale. Metaforicamente e no”. La notizia della prima trebbiatura del grano al fondo Verbumcaudo, podere nell’entroterra palermitano, confiscato alla mafia e utilizzato oggi a fini sociali, è gioiosa conferma di questa bella riflessione della scrittrice siciliana Simonetta Agnello Hornby (leggi l’intera citazione). Solo la tenacia e il coraggio di alcuni cittadini, uniti nella volontà di riappropriarsi della propria terra, ha fatto sì, infatti, che qualche giorno fa si chiudesse una storia di violenza e soprusi durata oltre 30 anni. (…continua)
Apre Eataly Roma: un trionfo di bontà e di bellezza
La battuta migliore sull’apertura nuovo Eataly Roma è di Carlo Petrini, originario di Cuneo e padre di Slow Food: cade proprio nel giorno – ha osservato sornione – in cui chiude il Billionaire di Briatore, e come il Billionaire è opera di un cuneese, Oscar Farinetti… “mi chiedo quale sia la notizia migliore…”
Per noi romani non c’è dubbio: l’inaugurazione del 19.mo Eataly del mondo, il quarto d’Italia dopo Torino, Genova e Bologna – è una notizia grandiosa, in tutti i sensi. Prima di tutto nel senso delle dimensioni. Ospitata nell’Air Terminal della Stazione Ostiense – affascinante edificio postmoderno costruito dall’architetto spagnolo Julio Lafuente per i Mondiali del ’90 e rimasto quasi in disuso per anni – la nuova creatura di Farinetti si snoderà su quattro piani e 17 mila metri quadrati. E accoglierà circa seimila buongustai ogni giorno, affidandoli alle cure di oltre 500 giovani dipendenti, tutti i giorni dalle 10 a mezzanotte. (…continua)
MadamaRicetta, come preannunciato, giovedì è stata all’inaugurazione di Eataly, il parco divertimenti del gusto tutto rigorosamente “made in Italy”.
Vi segnaliamo le impressioni della nostra corrispondente che è venuta da Palermo, Cecilia (leggi la recensione) e vi proponiamo un piccolo fotoracconto.
All’ingresso vi accoglie un cartello con su scritto: “qui potete fare tutte le foto che volete”.
Un invito a catturare tutta le bellezza dei prodotti italiani, Patron Farinetti infatti “Dedica questo spazio al mondo della bellezza del cibo e dell’arte” Buona visita!
recensioni
Filippo La Mantia
Era da tempo che sognavo di gustare i piatti di Filippo La Mantia e devo dire che le mie attese non sono state deluse. Una location fantastica, nell’hotel Majestic nella bellissima Via Veneto, a pochi passi dal cuore della ormai fu “dolce vita romana”. Ho cenato nella terrazza, ambiente elegante e raffinato, che con i suoi bellissimi arredi regala un’atmosfera da film. Ambiente caldo e confortevole, staff di sala professionale e informale: tutto ti fa sentire a tuo agio. Splendida la sala d’accoglienza: una galleria di pezzi d’antiquariato e pregiati libri su arte e cultura siciliana, arricchita da una modernissima cucina a vista. (…continua)
moda
Donne di vino vestite
Notizia farlocca come direbbe Luciana Littizzetto: dal prossimo Carnevale sarà possibile mascherarsi da vino rosso. Senza bottiglia, bicchiere o damigiana, ma indossando con gran stile direttamente il nettare degli Dei. A renderlo possibile i ricercatori della Western Australia University, guidati dallo scienziato Gary Cass e l’artista contemporanea Donna Franklin, i quali hanno trovato un modo per produrre tessuto usando un processo di fermentazione simile a quello delle bevande alcoliche (…continua)
libri
Artusi premia la Cucina del buon gusto, omaggio al lato più umano della tavola
Cucinare è arte, lussuria e amore. Cucinare è compromesso e divertimento, fantasia e ritualità. “Cucinare ci rende più umani”. Parola (ed esperienza) di Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati, che nella Cucina del Buon Gusto Feltrinelli, febbraio 2012) attraverso ricette, racconti e consigli pratici raccomandano un modo d’essere. Avvocato minorile e famosa scrittrice di origini siciliane la prima, milanese e insegnante di cucina la seconda, entrambe le autrici si sono trasferite anni fa in Inghilterra e hanno scoperto nel cibo un potente veicolo culturale ed un efficace antidoto contro la nostalgia. Stella polare dell’opera, il “maestro” Jean-Anthelme Brillant Savarin, personaggio pubblico della Francia a cavallo tra XVIII e XIX secolo, autore della Fisiologia del gusto. Meditazioni di gastronomia trascendente: un’illuminante raccolta di aforismi sulla tavola e i suoi piaceri. Hornby e Lazzati si muovono sulle sue orme, nel tentativo (riuscitissimo) di raccontare la forte continuità tra buon gusto in cucina e nella vita. (…continua)
terzo settore
Il gusto della legalità
Allora la farina c’è, il sale anche, il lievito pure, cosa manca? Ah quasi me ne dimenticavo: il sapore della legalità.
Non si tratta delle prima ricetta surreale di questo blog, ma di un modo per iniziare a raccontare come oggi sia possibile, grazie a tanti italiani che lottano ogni giorno contro le mafie, aggiungere il sapore della legalità a molti piatti ed a tutte le tavole.
La storia comincia da lontano, almeno dal 1982, quando una legge fortemente voluta da Pio La Torre (ex parlamentare del PCI ucciso da Cosa nostra proprio poco prima che la sua legge che istituiva il reato di mafia, il 416 bis, fosse approvata) rende più efficace il sequestro dei beni alle mafie. Poi continua nel 1994, quando si avvia una raccolta di firme per una legge popolare che permettesse il riutilizzo sociale dei beni mafiosi. Quella raccolta di firme fa si che nascano due cose: una legge che effettivamente privilegia il riutilizzo a fini sociali dei beni sottratti a ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, e l’associazione Libera, promossa da don Luigi Ciotti con tante associazioni di volontariato e di promozione sociale. (…continua)
ambiente
Spreco di energia – spreco di cibo: un circolo vizioso da spezzare
Circa due milioni e mezzo di tonnellate di frutta, duecentomila di carne e cinquecentomila di formaggi, nel 2010 sono finite nelle discariche italiane. Uno spreco denunciato ieri, in occasione della 40sima Giornata Mondiale dell’Ambiente, dal Barilla Center for Food and Nutrition, ma in realtà noto da tempo. Ogni anno, nel mondo, oltre il 30 per cento della produzione alimentare viene sprecata, sia durante i processi di coltivazione e trasformazione del cibo, sia nelle fasi di distribuzione e di consumo domestico. Tale dato, registrabile soprattutto nei Paesi più ricchi, ha un impatto disastroso sul sistema energetico ambientale. Si è calcolato, che solo nel Regno Unito, il cibo sprecato comporta l’inutile dispersione di circa 300 litri d’acqua al giorno per ogni cittadino. (…continua)
vi segnaliamo
Dove compro (se compro)
cosa, quando, quanto, perché, fatto da chi, fatto come, fatto dove: sono le domande che il consumo critico ci propone/impone prima di ogni acquisto.
Rajendra Pachauri, coordinatore dell’organismo dell’Onu Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), premio Nobel 2007 per la Pace per aver reso il cambiamento climatico un’emergenza da tutti percepita, esorta: «Per aiutare il clima, ricordiamoci di non comprare qualcosa semplicemente perché è in vendita ma solo se ne abbiamo davvero bisogno». (…continua)
in due parole
La scorta dello scandalo
Dubbio controcorrente: è tanto grave che la scorta di Anna Finocchiaro, le dia una mano a spingere il carrello della spesa? Sicuramente quegli agenti hanno maturato con la senatrice siciliana una familiarità difficilmente immaginabile per chi non ha mai avuto un bodyguard alle calcagna. E la manifestano in ogni piccolo gesto quotidiano. Sono uomini non macchine, gentili non per obbligo professionale. (…continua)
Siamo ancora noi “questo piatto di grano?”
Perché De Gregori, cantautore simbolo della generazione che sognava di cambiare il mondo, ha ceduto una delle sue creazioni più felici al Monte dei Paschi di Siena, banca sotto inchiesta per aggiottaggio con un buco in cassa di oltre otto miliardi di euro? Per soldi, immaginiamo (…continua)
Brava Lucianina!
Plausi e complimenti a Luciana Littizzetto per il suo secondo show a “Quello che (non) ho”. Durante la prima puntata della trasmissione firmata Fazio-Saviano, la comica torinese è stata molto deludente, sciorinando, intorno alla parola donna, una serie di osservazioni banali e battute pesanti. La sera seguente, tuttavia, si è ampiamente riscattata, sebbene il termine scelto fosse di gran lunga meno nobile: “stronzo”. (…continua)
L’odore di bruciato
La notizia che una cicca malspenta in un ufficio della Camera ha generato un falso allarme incendio, allertando per qualche minuto i passeggiatori del Transatlantico e i pompieri di Palazzo, ha campeggiato per ore sull’home page di tutti i principali quotidiani. Per quale motivo? (…continua)
costume
Chi mangia bio si sente dio?
Chi mangia biologico tende a sviluppare un atteggiamento ipercritico nei confronti degli altri. E si sente anche un po’ superiore. Questo risultato di fondamentale rilevanza accademica, è frutto di una ricerca condotta dalla Loyola University di New Orleans ed è stato diffuso dalla rivista Social Psychological and Personality Science. Secondo gli autori di questo studio le persone che mangiano bio tendono a giudicare i comportamenti altrui in maniera più severa, atteggiamento che li rende potenzialmente antipatici. (…continua)
Prima colazione slow: nutrimento per lo spirito
Tutti sappiamo che la prima colazione è il pasto più importante della giornata e quasi tutti lo saltiamo, lo trascuriamo o lo ingurgitiamo a tempo di record. Per vedere una famiglia italiana che si siede intorno al tavolo la mattina bisogna sorbirsi una pubblicità del Mulino Bianco. E questo è davvero un peccato. Una prima colazione come si deve, infatti, non solo ci dà la carica per l’intera giornata, a tutto vantaggio del rendimento scolastico/lavorativo e della salute, ma cosa ben più importante rifocilla magnificamente lo spirito. (…continua)
agricoltura urbana
Un ortotavolo per la vita
Un ortotavolo come regalo di nozze: può andare? “Che accidenti è un ortotavolo?” si chiederanno anzitutto in molti. Trattasi di un tavolo, di misura variabile a seconda dello spazio a disposizione, ripieno di terra, dove crescono – si spera – frutta e verdura. È pensato per chi ha una terrazza in città e sente nostalgia della campagna. E qui la seconda domanda: “perchè regalarlo per un matrimonio?” Perchè fa chic, naturalmente. Coltivare pomodori fuori dalla finestra con il sottofondo di clacson e l’odore di smog nell’aria è l’ultima moda. E a noi piace perchè anche se il risultato non è quello dei pomodori biologici cresciuti al sole campestre, rappresenta comunque una risposta a molteplici storture del mondo moderno. (…continua)
diete
Dukan: profeta o cialtrone?
Se avesse vinto un Nobel sarebbe meno famoso. Pierre Dukan, neuropsichiatra convertitosi alla dietologia, è al momento uno dei medici più noti al mondo. Una notorietà che si declina in modi assai diversi a seconda del pubblico. Nell’universo delle starlette e dei loro fan è un idolo, un genio, un profeta. È lui che ha modellato il fisico di Kate Middelton nei mesi precedenti le nozze regali, secondo le rivelazioni della sua stessa mamma. Ed è sempre lui che ha ridato forma a Penèlope Cruz dopo il parto e a tante altre che vivono del proprio sex appeal (da Jennifer Lopez a Nicole Kidman). Come? (…continua)
viaggi
Langhe di Pasqua
Il buon bere e il buon mangiare allargano i cuori: le Langhe in primavera ne sono prova lampante. Lassù tra colline, boschi, fiumi e castelli, tra nocciole, formaggi e cioccolata, il godimento regna sovrano. A dispetto del tormento e dell’inquietudine che, complici alcuni dei retaggi più suggestivi della nostra letteratura, si tende ad associare a quest’angolo di Piemonte tra Cuneo e Asti. Chi ha la fortuna di visitarlo la prima volta alla luce di un sole splendente, magari nei giorni dedicati per definizione ai piaceri della tavola – Pasqua e Pasquetta – fatica a trovare traccia della malinconia struggente di Pavese, della malora di Fenoglio o della gravità dell’Alfieri, tutti figli nobili delle Langhe. Incontra invece gente allegra e leggera con il bicchiere sempre mezzo pieno tra le mani, bicchiere da offrire e condividere. Gente curiosa, aperta, goliardica, con un senso dell’ospitalità e un orgoglio per i tesori di casa propria che ricordano certi spaccati del Meridione. (…continua)
feste e sagre
La festa del santissimo Corcifisso a Monreale
La festa religiosa che ha luogo in questa piccola cittadina normanna, nei primi tre giorni di maggio, risale a circa tre secoli fa e culmina il terzo giorno con la processione in cui la Confraternita dei “fratelli” porta a spalla il pregiato crocifisso modellato da Antonello Gagini tra il 1525 e il 1535. Aldilà della religiosità e del folklore c’è da segnalare che in questi tre giorni le strade del paese sono punteggiate da banchi dove si può consumare dell’ottimo cibo di strada: pane ca meusa, pane e panelle, sfincione, mennuli e fave atturrate, calia e semeza e la cubaita. Voi vi chiederete che cosa è questo ventaglio di incomprensibili parole? (…continua)
CIOCCOLATO PICCANTE AL CUCCHIAIO
2 uova
100gr di cioccolato fondente
125 ml di panna
½ cucchiaino di peperoncino piccante
Far il cioccolato a quadratini e metteterlo in una pentolina, far sciogliere a bagnomaria. Appena sciolto del tutto, spegnete il fuoco e unire il burro. Aggiungete i due tuorli d’uovo, uno per volta, amalgamando bene. Mescolate il composto, e aggiungere la punta di un cucchiaino di peperoncino e lasciar intiepidire rimestando di tanto in tanto. Montare a neve ferma gli albumi. Montare la panna. Aggiungere metà della panna montata e gli albumi montati a neve e mescolare delicatamente per non smontare gli albumi. Versate la mousse in due contenitori (meglio se di vetro trasparente) e mettere in frigorifero per far raffreddare. Servire con il resto della panna montata e un piccolissima spolverata di peperoncino. Si possono aggiungete dei frutti di bosco spolverati con lo zucchero.
MadamaRicetta
ORATE DELICATE
due orate da 350g circa
10 pomodorini rossi
vino bianco
olio, sale e pepe
alloro, salvia, rosmarino, aglio, timo, prezzemolo
Pulire le orate (meglio se fatte squamare al pescivendolo e sfilettate, farsi consegnare però la testa e le lische). Mettere su una teglia carta da forno, pogiarvi le orate e cospargerle con metà degli aromi sale, pepe qualche goccia di succo di limone, olio. Lasciarle marinare per 30 minuti e infornare per 20 minuti a 180°. Mettere le lische e i restanti odori in un pentolino con olio, sfumare con del vino bianco, aggiungere i pomodorini e 200ml di acqua, far bollire lentamente fino a che il sughetto si restringe. Filtrare la salsa con un colino rimetterla in un pentolino e legare con una noce di burro, tenere in caldo. Prelevare l’orata, impiattare e mantenere in caldo. Bagnare con il fumetto, guarnire con qualche foglia di salvia e prezzemolo tritato fresco.
Per contorno preparate una piccola insalatina da taglio condita con olio e limone.
MadamaRicetta
RISO FRIZZANTE
150 g di riso carnaroli
1 scalogno
200ml di prosecco
brodo vegetale
30 g di parmigiano
burro, noce moscata
Tagliare finemente lo scalogno e lasciarlo rosolare nel burro. Aggiungere il riso e lasciatelo tostare per qualche minuto. Sfumare con il prosecco e quando è evaporato versare il brodo bollente un mestolo alla volta girare di tanto in tanto e portare a cottura. Mantecare il risotto con il parmigiano e un pizzico di noce moscata grattugiata e una noce di burro. Se volete un sapore più marino questo riso si può mantecare con bottarga grattugiata (a posto del parmiggiano) e spolverare di prezzemolo tagliato finissimo.
MadamaRicetta
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