Un Natale più dolce del solito
Cari amici e care amiche di Madama Ricetta.
Questa settimana voglio darvi qualche suggerimento su come decorare i vostri dolci delle feste. Basta davvero un piccolo tocco e la vostra tavola prenderà un’aria tutta nuova e speciale. Partiamo con la frutta. Chi di voi non prepara della macedonia o frutta tagliata per il fine pasto. Beh, puntate su qualche frutto esotico particolare come pitaya, rambutan o lichis da aggiungere alla frutta classica come ananas, fragole e kiwi. Se avete a disposizione un ananas intero o un melone tagliatelo o metà, scavatelo, e riempitelo con la vostra frutta tagliata in pezzi. Potete anche aggiungere qualche mandarino intero o qualche fragola per dare colore. Per quanto riguarda i dolci classici come pandoro e panettone, potete guarnirli con del cioccolato fuso e codette colorate, o servire magari insieme qualche salsa come una crema al mascarpone accompagnata da ciliege sciroppate, una salsa al gianfuja, o la classica salsa vaniglia. Se invece sarete più laboriosi e preparerete dolci come tiramisù, spume cioccolato o profitteroles potrete abbellirli con dei decori in cioccolato. Basterà sciogliere il vostro cioccolato preferito a bagno maria e poi stenderlo molto sottilmente su carta da forno e lasciarlo rapprendere in frigo. Potete anche cospargerlo con qualche granella tipo pistacchio o cocco in polvere per dare colore. Una volta freddo lo romperete a pezzi irregolari e lo alternerete a qualche fragola o lampone. Le più esperte possono eventualmente mettere il cioccolato fuso in un sac a poche, fare qualche decorazione irregolare sempre su carta da forno e lasciar rapprendere in frigo. Poi procedere come prima per la guarnizione. Con la speranza di avervi dato qualche spunto in più per abbellire i vostri dessert, vi auguro un Natale più dolce del solito. Ecco qualche dolce che ho decorato per Natale. … Valentina
HomeMade per non rinunciare ai regali
Tornano di moda i regali fatti in casa. In tempi di crisi (comincio ad odiare questa parola), gli italiani fanno uso del talento per il quale sono diventati famosi in tutto il mondo: la Fantasia. Così i regali fai da te sono l’imperativo del Natale 2013, meglio se enogastronomici: liquore al cioccolato, al sale al rosmarino, olio al peperoncino e tarallucci al vino; ma anche con il riciclo possono essere tanti e vari: portaspezie con barattoli di vetro, porta occhiali e cuscini con patchwork di vecchie stoffe e così via. Su internet c’è l’universo mondo dei regali di natale fai da te, una giungla quasi quanto i blog di cucina, di ogni forma e colore, gusto e misura, lunghi e veloci. Rovistando tra le nostre ricette ecco cosa potete regalare per Natale: Marmellata di cipolle Tarallucci al vino Il recupero si tinge di rose e in Ricicla il tuo atteggiamento, i vasetti di polvere di agrumi. A me i regali di Natale fatti in casa ricordano le spianate di nonna Pippinella, ma questa è un’altra storia, ve la racconterò. MadamaRicetta
Cibo, come preparare il proprio corpo agli eccessi alimentari delle feste
La Dieta posta Natalizia ci fa orrore!!! La novità di quest’anno, si fa prima, così poi ci si rilassa e si gode a pieno la festa. Per evitare di ingrassare troppo e di sottoporre l’organismo a uno stress eccessivo, ecco i suggerimenti di Simona Vignali, naturopata e nutrizionista, direttrice della Scuola integrata moderna di Ayurveda, dieci modi per disintossicarsi in modo profondo e affrontare al meglio il surplus di calorie delle feste: Crudismo a giorni alterni, Cibi detossicanti, via il sale e lo zucchero, e movimento movimento movimento! Ecco l’articolo: Cibo, come preparare il proprio corpo agli eccessi alimentari delle feste di Irma D’Aria
Vademecum per la biodiversità quotidiana
Con Altreconomia Chiara Spadaro ha pubblicato il libro «Vademecum per la biodiversità quotidiana» (Altreconomia, 2013), dove vi spiega come coltivare la biodiversità, dalla terra alla tavola. Tutti possiamo essere custodi della “diversità” di semi e piante, sul nostro balcone o sul davanzale o nell’orto. Ma anche nella nostra cucina, attraverso le scelte alimentari quotidiane. ecco in sintesi le proposte di Chiara:
1. Contare, ovvero: accorciare le distanze Quanti passi, pedalate, spinte sull’acceleratore, onde o nuvole ci separano dal campo dove è stato coltivato quel che troviamo nel piatto? Preferiamo le cucine che accorciano queste distanze, scegliendo prodotti locali e da filiera corta. Non c’è solo da guadagnarci in freschezza e qualità dei prodotti; anche l’ambiente ringrazia se investiamo nel “capitale delle relazioni” instaurando uno scambio diretto con i produttori del territorio.
2. Conoscere, ovvero: piccolo è bello Valorizziamo i piccoli produttori che praticano un’agricoltura naturale. Di quanti ettari è l’azienda dalla quale prendiamo gli ortaggi? Quante arnie custodisce l’apicoltore che ci fornisce il miele? Quante mucche alleva il casaro dei nostri formaggi? La salvaguardia della biodiversità è nelle mani di chi pratica un’agricoltura minuta, facendosi custode dei saperi ancestrali della terra.
3. Preservare, ovvero: scegliere un’agricoltura naturale Lavoriamo con i produttori che coltivano la terra con rispetto, senza fare uso di concimi e diserbanti chimici. Preferiamo le aziende agricole biologiche e biodinamiche del territorio e tutti quegli agricoltori, allevatori e trasformatori che, pur non essendo certificati, hanno scelto di praticare forme di agricoltura naturale. E non solo: valorizziamo i produttori che salvaguardano la biodiversità, ad esempio scegliendo di mantenere a bosco una parte dell’azienda.
4. Scegliere, ovvero: elogio della scelta vegetariana e vegana Ci limitiamo a un solo dato: una dieta basata su cibi animali consuma da 5 a 10 volte l’acqua di una dieta vegetariana e – secondo il centro internazionale di ricerca Nutrition ecology (www.nutritionecology. org) – ha un impatto ambientale 10 volte più pesante. Per riflettere attorno a quel che mangeremo domani rimandiamo agli utili scritti di Marinella Correggia, che dedica un intero capitolo di “Cucinare in pace” (Altreconomia 2013) alla scelta di “non mangiar carni” e al “mana pisikuy”…- “che ci sia cibo a sufficienza per tutti”, in lingua quechua. Oggi meno del 5% della popolazione italiana è vegetariana (l’1% è vegano, fonte Eurispes).
5. Preparare, ovvero: della trasformazione dei prodotti Lavoriamo le materie prime – di stagione, fresche e integrali: al bando i surgelati e gli ingredienti troppo raffinati – con tecniche semplici. Cottura al vapore, stufata, con poca acqua, a fuoco lento e al “coperto” (usando i coperchi si risparmia fino al 30% di energia). O meglio ancora (per la salute e l’ambiente): senza cottura.
6. Ricordare, ovvero: memorie da recuperare e condividere A proposito della trasformazione dei prodotti in cucina, aggiungiamo l’aspetto della memoria: recuperiamo le ricette della tradizione, osserviamo le nonne ai fornelli e tramandiamo le ricette. Condividerle di generazione in generazione, scambiandosi racconti che mantengono vive le memorie di un tempo, è un’occasione unica di socialità culinaria e tutela della biodiversità alimentare.
7. Pagare, ovvero: diritto a un lavoro dignitoso e alla trasparenza Il lavoro della terra dev’essere riconosciuto con una retribuzione equa e dignitosa. Non consumiamo, né acquistiamo materie prime ottenute con lo sfruttamento dei lavoratori (oltre che della terra). Noi commensali, inoltre, potremmo rivendicare un menù “a prezzo trasparente”: come per i prodotti del commercio equo, chiedere che siano indicate in modo trasparente le diverse voci che compongono il prezzo finale di un prodotto (o un menù), guardando uno dopo l’altro a tutti i passaggi della filiera alimentare.
8. Arredare, ovvero: per un’architettura biodiversa Per fare un tavolo ci vuole un fiore. Meglio se il legno è di recupero: cassette dell’ortofrutta che si trasformano in mensole, panche e tavole ottenute da pallet riciclati, vecchie credenze che scoprono nuovi usi. Anche l’arredamento della cucina può guardare alla biodiversità: scegliamo materiali semplici e naturali, tinti con colori vegetali, e oggetti usati che possiamo reinventare con l’upcycling.
9. Recuperare, ovvero: viva il riciclaggio selvaggio Praticare la raccolta differenziata in cucina è un dovere, ma possiamo fare di più: ad esempio sperimentare ricette che prevedono l’uso di parti che è abitudine scartare, come foglie, gambi, baccelli e scorze. Anche i materiali usati in un ristorante possono essere vocati a un basso impatto ambientale. Un paio di idee da copiare: al Barco – il bar della cooperativa Insieme, che da oltre 30 anni si occupa di riciclo e riuso a Vicenza (www.albarco.it) – ritagli di vecchi giornali, incollati e plastificati sono diventati delle tovagliette riutilizzabili; da Sbarbacipolla, biosteria a Colle Val d’Elsa (Si, www.biosteriasbarbacipolla. it), il menù (che cambia quasi quotidianamente proprio per assecondare la stagionalità e la proposta degli orti dei fornitori) è scritto su una lavagna d’ardesia, da cancellare e riscrivere senza alcun impatto sull’ambiente.
10. Leggere, ovvero: l’informazione nel piatto Molti ristoranti eco e bio sono anche dei presidi d’informazione: approfittiamone. Volantini e racconti sui produttori che forniscono le materie prime; materiali dedicati al mondo dei Gas e dell’economia solidale; riviste e libri in tema. Ma anche (soprattutto a livello do100 mestico) etichette, sigle e codici impressi sui cibi. Impariamo a decifrarli. Altri oggetti è bene che siano completamente “no logo”. Un esempio su tutti, la brocca con l’acqua del rubinetto (cerchiamo il logo di Imbrocchiamola: la lista dei locali che aderiscono è sul sito della campagna, www.imbrocchiamola.org).
11. Giocare, ovvero: per una cucina a misura di bambino Coinvolgiamo i più piccoli in cucina, sperimentando con loro ricette semplici e divertenti, impasti, forme e colori. E ritagliamo degli spazi a misura di bambino anche negli agriturismi e nelle osterie. A Ca’ dell’Agata – ecoagriturismo a Zugliano (Vi) -, accanto alla stufa, c’è un banchino con dei giochi di legno e una lavagna con i gessetti colorati.
12. Collaborare, ovvero: comunità culinarie crescono Sperimentiamo cucine di comunità, collaborando con altre realtà del territorio fino a creare una vera e propria rete: Gruppi d’acquisto solidale, cuochi, ortolani, allevatori, panificatori, artigiani, associazioni e botteghe del commercio equo e solidale. Insieme si possono realizzare delle serate a tema, cene biodiverse, raccolti collettivi, laboratori di autoproduzione e corsi di cucina. Mettendosi in rete, c’è sempre più gusto
Polpette per tutti
Dal libro “una polpetta ci salverà” vi proponiano le 4 ricette, una per ogni stagione, scelte dagli chef di “Una polpetta ci salverà”, pubblicate da repubblica.
Inverno, ricetta di carne
Polpette di fassona con purè di patate affumicato e gelatina di Duchesse de Bourgogne
di Juri Chiotti, Ristorante Delle Antiche Contrade, Cuneo
Raffinate e complesse queste polpette di fassona, carne nutriente e con pochi grassi, che Juri Chiotti, giovane chef ma dal curriculum già di tutto rispetto, propone, ispirato da un’antica ricetta occitana per l’affumicatura e la Duchesse de Bourgogne, a metà tra la birra e il vino.
Gli ingredienti
600 g di polpa magra
di fassona piemontese
200 g di pane grattugiato
100 g di Parmigiano Reggiano
600 g di patate di montagna
50 g di segatura di faggio
100 g di latte
50 g di panna
50 g di burro
750 cl di Duchesse
de Bourgogne
30 g di zucchero
2 g di agar agar
2 fogli di colla di pesce
cimette di cavolo romanesco
sale
pepe
La preparazione
Tritare la polpa di fassona, condirla con sale e pepe, aggiungervi il pane grattugiato e il Parmigiano Reggiano. Con l’aiuto delle mani formare delle piccole polpettine rotonde, leggermente schiacciate, del peso di 50 g circa. Bollire e schiacciare le patate, quindi metterle su una placca bucata; far fumare la segatura sul fuoco in una padella e metterla poi in un contenitore ermetico con le patate per circa 10 minuti. Una volta affumicate le patate, montarle in una planetaria (o impastatrice) con il latte e la panna, precedentemente scaldati, e il burro a freddo. Aggiustare di sale e passare al setaccio. In una casseruola sul fuoco, ridurre la Duchesse de Bourgogne fino a ottenerne 300 g. Aggiungere lo zucchero e l’agar agar, riportare a ebollizione per 2 minuti, poi unire la colla di pesce e raffreddare in una terrina. Disporre nel piatto il purè di patate affumicato a fiocchetti e adagiarvi sopra le polpette rosolate nel burro, con l’interno ancora rosa. Completare con due cubetti di gelatina per ogni polpetta e delle cimette di cavolo romanesco.
Il vino
Barbera d’Asti Camp Du Russ
Coppo, Canelli (AT); www.coppo.it
Note di degustazione: pepe e cardamomo, frutta rossa succosa; saporito e ricco.
Primavera, Ricetta di carne
Polpette di maiale in umido alla bolognese
di Mauro Fabbri, Ristorante Diana, Bologna
Dalla tradizione emiliana più classica queste polpette casalinghe, un vero trionfo del maiale, fra carne, prosciutto e mortadella.
Gli ingredienti
500 g di lonza di maiale
macinata
50 g di prosciutto macinato
100 g di mortadella macinata
50 g di Parmigiano Reggiano
50 g di pangrattato
1 uovo
farina
olio extravergine d’oliva (per friggere)
sale
pepe
Per la salsa di pomodoro
1 cipolla
1 costa di sedano
1 carota
1 spicchio d’aglio
400 g di pomodori pelati
sale
pepe
La preparazione
In una ciotola impastare la carne, il prosciutto, la mortadella, il formaggio, il pangrattato, l’uovo, il sale e il pepe. Formare delle polpette di media misura, passarle nella farina e friggerle in olio caldo. Per la salsa di pomodoro, tritare gli odori, metterli in un tegame e farli leggermente soffriggere, aggiungere i pelati, il sale e il pepe e far cuocere per mezz’ora. Unire le polpette alla salsa, far cuocere per 20 minuti e il piatto è pronto.
Il vino
Thea – Sangovese di Romagna Superiore Riserva Rosso DOC
Tre Monti, Imola (BO); www.tremonti.it
Note di degustazione: mora e pepe nero; sapido ed elegante.
Estate, Ricetta di pesce
Polpette di ricciola, capperi e uva sultanina in agro di limone e miele
di Michele Caruso, Ristorante Signum, Malfa, Salina (Messina)
Un antipasto che è un concentrato di sicilianità. Leggerezza, genuinità e mediterraneità sull’isola di Salina, luogo privilegiato dove scoprire i piaceri e i profumi dell’autentica cucina eoliana.
Gli ingredienti
500 g di ricciola (o merluzzo
o altro pesce bianco)
150 g di Parmigiano Reggiano
grattugiato
75 g di capperi di Salina
sotto sale
100 g di uva sultanina
vino bianco
1 mazzetto di prezzemolo
(o di basilico)
8 patate di media grandezza
lessate
2 limoni non trattati
miele millefiori
pangrattato
olio extravergine d’oliva
2 uova
sale
La preparazione
Dissalare i capperi mettendoli a bagno in acqua per 24 ore e cambiarla più volte. Frullare il pesce insieme ai capperi e al prezzemolo (o al basilico). Far rinvenire l’uva sultanina in un po’ di vino bianco e aggiungerla nell’impasto del pesce. Schiacciare le patate e amalgamarle all’impasto; infine unire le uova e il Parmigiano. Modellare le polpette con le mani e passarle nel pangrattato, adagiarle in una teglia rivestita con carta da forno, cospargerle con un filo d’olio e cuocerle in forno già caldo a 180 °C per circa 15 minuti. Spremere i limoni, aggiungere il miele al succo ed emulsionare. Sfornare le polpette, condirle con l’agro di limone e servirle calde.
Il vino
Quota 600 – Etna Bianco DOC
Graci, Castiglione di Sicilia (CT); www.graci.eu
Note di degustazione: camomilla, fieno e timo; con note salmastre. Pieno e bilanciato.
Autunno, Ricetta di verdura
Rocchini di sedano di Montevarchi alla salsa di pomodoro
di Paolo Tizzanini, Trattoria Osteria dell’Acquolina, Terranuova Bracciolini (Arezzo)
Nati come contorno all’anatra in umido, i rocchini si sono ritagliati un ruolo da protagonisti assoluti. Ottenuti dal famoso “sedano di Montevarchi”, senza filamenti, si gustano nei mesi di settembre-ottobre in abbinamento con il superbo pollo in umido del Valdarno.
Gli ingredienti
1 sedano di Montevarchi
2 uova
farina
olio extravergine d’oliva del Pratomagno
salsa di pomodoro (o sugo del pollo o dell’anatra in umido) preparata a parte
sale
La preparazione
Lavare il sedano, tagliarlo a pezzetti e cuocerlo in abbondante acqua salata. Scolarlo e lasciarlo raffreddare. Tritarlo grossolanamente a coltello e strizzarlo con le mani formando delle polpettine a forma di salsiccia (da qui il nome di “rocchini”). Infarinare le polpettine di sedano, passarle nell’uovo sbattuto e salato, quindi friggerle in una padella di ferro con l’olio bollente. Ripassare i rocchini di sedano in una salsa di pomodoro, ma l’ideale è nel sugo di cottura del pollo o dell’anatra in umido, da servire insieme accomodati sullo stesso vassoio.
Una tira l’altra, ma non sono ciliegie!
A Palermo, il 13 Dicembre si celebra l’anniversario del martirio di Santa Lucia, avvenuto nel 304 d.C. La Vergine, Santa patrona della città di Siracusa è la protettrice degli occhi e della vista ed è una delle sante più venerate nel capoluogo siciliano. L’intreccio di storia e leggenda narra che i palermitani stretti nella morsa della carestia implorarono la Santa, che li esaudì facendo arrivare nel porto di Palermo un bastimento carico di grano. I palermitani per l’urgenza di sfamarsi non lo trasformarono in farina, bensì lo consumarono bollito e quasi scondito; fu così che nacque la “cuccìa”. Oggi la cuccìa si è trasformata in un dolce semplice ma goloso, perché il grano bollito, viene mischiato ad una crema di ricotta o di latte, a delle scaglie di cioccolato e a pezzetti di frutta candita. Altro piatto tipico della tradizione sono le ”arancine” e comunque tutte le pietanze a base di riso o di patate (timballi gateaux etc) in quanto non contengono quella famosa farina che la tradizione vuole, per l’intera giornata, esclusa dalla tavola dei palermitani. Il giorno di S. Lucia, infatti, è anche detto la festa dei panettieri che per l’intera giornata mantengono spenti i loro forni. Ma, come spesso accade a Palermo, questo giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare arancine in abbondanza, piccole o grandi, oggi realizzate anche con fantasiosi ripieni, buone ed invitanti, calde calde e una tira l’altra.
La ricetta tradizionale, passatami da mia madre prevede:
Riso per risotti 1 Kg, Burro 100 gr, Olio e.v.o. 50 cc, Brodo di carne 2,500 lt. o in alternativa brodo granulare, Alloro, Zafferano 2 bustine, Sale
Per il ragù: Carne trita 300 gr, Piselli surgelati 300 gr, Cipolla 1, Sedano 1 costa, Carote 2, Olio e.v.o, Pomodori pelati 500 gr, Sale e pepe
Per la pastella: Farina bianca, Pangrattato, Acqua, Sale
In un capiente tegame, mettere a freddo: riso, brodo, burro, foglia di alloro, zafferano e sale, quando il liquido si sarà assorbito, togliere dal fuoco e mantecare il riso con 50 cc. di olio e 200 gr. di parmigiano grattugiato. Disporre il riso in un piatto e fare raffreddare. Preparare il ragù. Soffriggere cipolla, carota, sedano e appena le verdure si saranno appassite aggiungere la carne trita, fare tostare e bagnare con il vino bianco, farlo evaporare ed aggiungere i pomodori pelati e i piselli, regolare di sale e pepe e fare cuocere. Il ragù, a cottura ultimata, deve risultare abbastanza denso. A questo punto confezionare le arancine. Tenere a portata di mano una ciotola con acqua per bagnarsi le mani e non fare attaccare il riso. Mettere nell’incavo della mano una parte di riso, spianarlo e fare una nicchia al centro, riempirla con una cucchiaiata di ragù e con la stessa quantità di riso usata prima, ricoprire e compattare una pallina, disporre tutti le arancine in un vassoio. Quando tutte le arancine saranno confezionate, mettere a riscaldare l’olio in un tegame, profondo tanto quanto basta affinchè le arancine siano completamente coperte dall’olio durante la frittura e passare alla preparazione della pastella. In una terrina sciogliere acqua e farina bianca fino a formare una pastella fluida. Prendere l’arancina, con l’aiuto di un cucchiaio spandere la pastella su tutta la sua superficie, passarla velocemente nel pangrattato e friggerla in immersione in un tegame capiente. Fare dorare le arancine, scolarle su carta assorbente e quando la temperatura lo consente mangiarle!
Ah, vi starete forse chiedendo perchè arancina e non arancino. Perchè per i palermitani tutto ciò che è molto buono è quasi sempre declinato al femminile.
Cecilia Puleo
CROCCANTE DI CAVOLO BIANCO
600g di cavolo bianco, 200g di patate, 20g di burro, 1 bicchiere di latte, 40g di parmigiano, 10 mandorle, 4 fettine di pancetta, sale e pepe
Lessare il cavolo e le patate sbucciate, scolare e lasciarle intiepidire. Passarle al setaccio o al mixer. In un pentolino, mettere la purea ottenuta con il latte e il burro e fare un purè, regolare di sale e pepe e aggiungere altro latte se necessario. Quando è pronto aggiungere le mandorle tritate e il parmigiano. Su una pentola antiaderente adagiare le fette di pancetta divise a metà, spegnere appena sono croccanti.
Per la cipolla caramellata prendere 1 cipolla rossa di Tropea, tagliarla a fettine sottili e caramellarla, con 20g di zucchero, in una pentola antiaderente per 10 minuti, aggiungere qualche cucchiaio d’acqua se necessario.
Comporre in scodelline individuali, mettendo prima il purè molto caldo, poi le fettine di pancetta croccante e un cucchiaio di cipolla caramellata, finire con un grissino rustico.
Gabriella
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