menubò: la raccolta

OSSESSIONE ALIMENTARE

Tra amici e parenti, oggi abbiamo tutti un maniaco del “mangiar sano e puro”. Nel millennio dell’apparire l’ossessione della cura del copro, tra beauty farm e personal trainer, si è impossessata, già da tempo anche degli scaffali  del supermercato dove regnano sovrani i cibi light e i prodotti biologici. Questa ricerca di cibi leggeri e non contaminati, sta diventando per alcuni una vera e propria ossessione tanto da esser catalogata come malattia: l’Ortoressia. Questa patologia è stata individuata, per la prima volta, dal dr. Steven Bratman, che in un articolo comparso in una rivista di yoga, nel 1997, ne descriveva i sintomi: “un disordine alimentare che, al pari di anoressia e bulimia, provoca a lungo termine gravi conseguenze sull’organismo”.  L’ortoressia diffusa maggiormente tra le persone di buon livello culturale, nasce da un buon intento, l’amore verso se stessi e verso gli alimenti più sani, e proprio per questo il suo degenerare in malattia, è più difficile da individuare. Nel 2013 la British Dietetic Association ha lanciato l’allarme sul dilagare di questa nuova patologia ormai comune a tante persone e che ha già provocato qualche vittima. L’ortoressico stabilisce un rapporto distorto con il cibo, iniziando mano a mano a scartare gli alimenti che ritiene nocivi, preferisce lasciarsi morire di fame piuttosto che mangiare alimenti che pensa possano essere contaminati. Si convince sempre più che le sue scelte siano le più giuste acquisendo un senso di superiorità nei confronti del mondo, caratteristica comune anche ai vegani e ai crudisti. Il cibo sano fa bene a tutti, ma attenti a non trasformarlo in un’ossessione! Non è un pieno di benzina, e noi non siamo delle macchine. Il cibo oltre che al corpo fa bene allo spirito, e il rapporto tra psiche e corpo  è inconfutabile. La frase di J. Anthelme Brillant-Savarin, giuridico e gastronomo francese dell’800 “dimmi come mangi e ti dirò chi sei” non a caso è stata presa sul serio da famosi studi psicoterapeutici. Mangiare bene aiuta a vivere meglio, ma le coccole di un buon piatto rendono l’essere umano più appagato e felice.
Ivana Santomo
leggi anche: Chi mangia bio si sente dio?

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Ultimo caffè in Senato

Tra poche ore imballeremo anche lei, la tanto vituperata macchinetta del caffè, quella che “non lo fa buono come al bar”, ma in fondo in questi cinque anni ci è venuta spesso in soccorso: tutte le volte che non avevamo voglia o tempo di uscire dal “Palazzo” e di fare incontri faticosi se non sgradevoli; tutte le volte che desideravamo solo una pausa intima, due chiacchiere con una faccia davvero amica, qualcuno che ci ascoltasse, o ci distraesse. Una funzione essenziale dunque, la sua, nelle noste vite di semplici collaboratori parlamentari, o portaborse che dir si voglia. E ieri ha fatto il suo ultimo caffè in Senato. Tra le innumerevoli conseguenze del cambio di legislatura, infatti, rientra anche questa, per quanto piccola e insignificante che sia: lo stravolgimento della nostra quotidianità, la fine di consuetudini che abbiamo costruito e vissuto con grande piacere. L’atmosfera che ha accompagnato  l’ultimo caffè, il giorno dopo le elezioni, non era allegra. A incupire i volti, prima di tutto, l’angoscia per il futuro, quello del Paese e quello di ciascuno di noi. Nessuno si aspettava che le menzogne di Berlusconi – sempre le stesse – venissero nuovamente strapremiate (“poveri snob”, come ha commentato Vittorio Zucconi). Nessuno si aspettava che l’antipolitica portasse in Parlamento un partito tanto forte (poveri illusi). Nessuno insomma, anche tra più critici nei confronti di questo Pd così sconclusionato (la maggior parte di noi), prevedeva questa pericolosa paralisi. C’è chi dà la colpa ai dirigenti di partito (come sparare sulla Croce Rossa), chi a milioni di elettori egoisti, indifferenti, incoscienti, ma a regnare sovrano è lo sgomento. E ora? Mentre lo spread ricomincia la sua corsa verso l’altro, qualcuno di noi rimane senza lavoro e aggiorna il curriculum, mentre chi ha il “capo” nuovamente eletto, si prepara a firmare il contratto più breve di sempre, chiedendosi quanto può durare questa legislatura orfana di maggioranza. E non è tutto. A intristire il  nostro ultimo incontro in Senato, la prospettiva di perdere tante amate consuetudini quotidiane, quelle che per cinque anni, giorno dopo giorno, hanno visto fiorire amicizie allegre e preziose, a dispetto del grigiore di palazzo. Non sarà certo il cambio di legislatura a farle appassire, tanti caffè, e pranzi, e cene, ci riuniranno ancora, ma il rimpianto per alcuni vicini di stanza insostituibili rimarrà a lungo.
Silvia Gusmano

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Intervista alla dottoressa Maria Grazia Pellegrini, capo-ostetrica del Fate Bene Fratelli di Roma


Partorire al Fate Bene Fratelli, è una garanzia a Roma. Ma non sempre ci si riesce: il numero delle future mamme che bussano alla porta dell’antico ospedale sull’isola Tiberina, è di gran lunga superiore al numero dei posti disponibili. E così molte vengono dirottate in altre strutture. Là, nei corridoi di ostetricia e ginecologia, frenesia e apparente caos regnano sovrani e il via vai dalle sale parto è ininterrotto, ma chi sapientemente tiene le fila del reparto, fa miracolosamente in modo che a fine giornata tutto quadri. Tra questi, la dottoressa Maria Grazia Pellegrini, capo-ostetrica del Fate Bene Fratelli, una donna appassionata e gentile che, nonostante le enormi responsabilità e i tanti impegni, trova sempre il tempo per un sorriso accogliente e un consiglio utile. A lei abbiamo chiesto un parere sull’alimentazione durante la gravidanza e l’allattamento… 

Ci sono delle regole precise da seguire a tavola quando si è in dolce attesa?
“Non ci sono “regole” ma indicazioni che aiutano a mantenersi in salute e proteggere il piccolo. Un esempio per tutti è legato al tabu’ degli insaccati. In realta’ del buon prosciutto crudo può essere mangiato senza problemi, La salatura, ma soprattutto la stagionatura, rendono questo alimento sicuro. Naturalmente è molto importante che sia di origine controllata e, non per fare pubblicità, ma il Parma o il San Daniele, garantiscono questo. Naturalmente no a prodotti artigianali e freschi. Un altro esempio si può fare sulle verdure. Oltre alla blanda disinfezione garantita da amuchina o bicarbonato, le verdure crude devono essere ben lavate e nette dal terriccio. Pertanto, verdure crude consumate solo a casa, dove possiamo essere certe dell’accurata pulizia”.

Un tempo si consigliava alle future mamme di “mangiare per due”. Oggi, al contrario, sappiamo che è importante tenere il peso sotto controllo…
Senz’altro…Variare l’alimentazione e preferire pesce e verdure, oltre a favorire un equilibrato sviluppo del feto, garantisce l’aumento di peso nei limiti legati alla sola  gravidanza. Aumentare in modo esagerato (superiore ai 10 chili) non solo non aiuta il bambino, ma sottopone la gestante al rischio di veder alterati alcuni parametri importanti come la glicemia e la pressione arteriosa.

Lo scenario cambia un po’ durante l’allattamento: che dieta suggeriresti alle puerpere che alimentano il neoato al seno?
Durante l’allattamento, come in gravidanza, fatte salve alcune particolari situazioni autoimmuni, si può mangiare tutto, pur senza esagerazioni. Anzi, se i neonati si adatteranno nella fase “solo latte” ad ogni tipo di alimento, sarà poi facile svezzarli. Anche qui la regola è di variare quanto più possibile l’alimentazione. La mamma osserverà poi le reazioni del piccolo al cambiamento del sapore del latte e, se sarà necessario, eviterà alcuni cibi che non gradisce.  

Andando un po’ fuori tema, perchè oggi pediatri e ostetrici sono piuttosto concordi nel preferire l’allattamento al seno rispetto a quello artificiale? In altre epoche anche recenti, non era così…
Il motivo per cui in passato si è alimentata la cultura dell’allattamento artificiale era solo di natura economica. Si induceva la necessità di acquistare il latte artificiale a beneficio delle industrie produttrici. L’aumento esponenziale delle allergie e della sensibilizzazione intestinale verso le reazioni immunitarie, ha spinto le società scientifiche, soprattutto quelle dei neonatologi (che furono in prima battuta proprio quelle che promuovevano l’allattamento artificiale!) a tornare sui propri passi incoraggiando, con OMS e UNICEF, l’allattamento al seno.
Silvia Gusmano

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Gravidanza e allattamento: basta leggende e tabù sull’alimentazione!

Incinte due su tre. Sono i numeri della nostra Madama Ricetta che negli ultimi mesi ha visto crescere a dismisura il volume medio delle pance in redazione e quest’estate attaccherà in home page due fiocchi di colore ancora ignoto. Niente paura per gli affezionati: la maternità non fermerà il nostro progetto di vita e di tavola! Intanto però pazientate, oggi vi tocca una piccola riflessione sul rapporto cibo/gravidanza e cibo/ allattamento. Quante leggende circolano in proposito, quanti falsi miti, informazioni sballate e tabù affollano le peggiori pagine (telematiche e non) della letteratura sul tema. Stupidaggini che alimentano un vero e proprio terrorismo psicologico e che suonano tutte come diktat assoluti: proibito il caffè, bandito il thè, vietato l’alcol, a morte ogni tipo di prosciutto mentre la pancia cresce;  depennati dalla lista della spesa cavoli, aglio, pompelmo, fragole, cioccolata, e chi più ne ha più ne metta durante l’allattamento. E ancora: se sfamate vostro figlio al seno bevete boccali di birra e tazzone di latte, così la vostra produzione mammaria aumenterà a dismisura. Anzi no, il latte forse può causare allergie. Meglio il semolino e il brodo di gallina (ruspante e puzzolente naturalmente). C’è da uscire pazze e solo il buon senso, l’unica regola suggerita dagli addetti ai lavori seri e accreditati, può correre in aiuto delle future e neo mamme, vittime su questo, come su ogni altro fronte, della pessima abitudine del genere umano di dispensar consigli non richiesti.  E proprio di buon senso, abbiamo parlato con Maria Grazia Pellegrini, capo ostetrica dell’ospedale romano Fate Bene Fratelli, eccellenza nel campo della maternità. Leggete per credere!
Silvia Gusmano

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Un sano e giusto rapporto con il voto

Ecco pronta la ricetta per un voto sano e giusto. Sano e giusto come deve essere il rapporto con il cibo, filo conduttore del nostro blog. E che ci azzecca il cibo con il voto? – direte -. Non voglio farvi un discorso retorico sull’importanza e la bellezza della democrazia. Non importa per chi votate e se andate alle urne perché siete arrabbiati, se è un voto contro o un voto a favore, purché andiate. E allora ecco la nostra Madama Ricetta: per vivere occorre mangiare e, in casi estremi, anche se il cibo fa schifo ci turiamo il naso e lo mandiamo giù: l’alimentazione non si può trascurare. Così è per la democrazia, senza è difficile vivere e se anche la rappresentanza non ci convince ci turiamo il naso -per ricordare Indro Montanelli- e votiamo il meno peggio, c’è sempre. Per avere un buon prodotto a tavola occorre cercarlo da rivenditori affidabili. Così è per i politici, teniamoci informati su chi sono e su cosa hanno fatto. La marca pubblicizzata non è una garanzia, non lasciamoci ingannare, è sempre meglio leggere l’etichetta e controllare ciò che c’è dentro gli alimenti. Così è per il voto: approfondiamo le nostre conoscenze, guardiamo i contenuti e i programmi dei partiti. Anche se non siamo cuoche o cuochi sopraffini con un po’ d’impegno riusciamo a fare buoni piatti per noi e per i nostri amici. E con un po’ d’informazione in più andremo alle urne, anche con il naso turato! Se non vi ha convinto il suggerimento di Montanelli ci riuscirà sicuramente il grande Roberto.
Ecco l’incipit del monologo di Benigni sulla costituzione: “Vi dico di amare la politica. La politica è la cosa più alta del pensiero umano  la cosa più alta per costruire la vita insieme, per organizzarla e costruire la serenità e l’amore, e per avere la pace. Per tutto questo c’è solo la politica non c’è un’altra scienza, e chi se ne occupa lo sa. Non avere interesse per la politica e come non avere interesse per propria la vita e per quella dei tuoi figli. Disprezzare la politica è come disprezzare se stessi. E non bisogna confondere l’istituzione con chi la rappresenta anche se in quel momento ci son dei politici tremendi. Se un padre schiaffeggia il figlio dalla mattina alla sera, non è la paternità ad essere orribile, la paternità è una cosa meravigliosa, è quel padre che è orribile. Ci sono dei politici che non amiamo, ma non sono tutti uguali. Quando si dice i politici sono tutti uguali facciamo un favore ai cattivi, ai disonesti, agli stupidi. Votare è l’unico strumento che abbiamo, ma per arrivare al voto hanno sacrificato la loro vita milioni di persone, per dare a noi la possibilità di esprimerci, di dire ciò che desideriamo. E, vi ripeto, non sono tutti uguali, ce n’è sempre uno peggiore. Ognuno di noi porta il suo contributo, invisibile ma concreto, verso il bene o il male, verso il giusto o l’ingiusto. La cosa più terribile è chiamarsi fuori, anche se sbagli dai agli altri la possibilità di combattere, di dire: io non sono d’accordo. Se ti tiri fuori è come per Ponzio Pilato, vai in mano alla folla e la folla sceglie sempre Barabba!” guarda il video su youtube
Ivana Santomo

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Il cappuccino di Buenos Aires

Fare quattordici ore e mezzo di volo transoceanico, scendere acciaccati (e quasi sconfitti) dalle poltrone del velivolo, mettere i piedi in terra e chiedere un cappuccino: che senso ha arrivare fino a Buenos Aires e pretendere quello che qualsiasi bar italiano offre in qualità notoriamente ineguagliabile? Eppure, fidatevi, l’esperienza merita. Solitamente servito in eleganti bicchieri lunghi e trasparenti, più o meno sinuosi, forniti di manico, il cappuccino di Baires è un mix di ingredienti, quasi un cocktail: caffè (più lungo all’americana che espresso all’italica maniera), cacao, zucchero, cannella e tanti ciuffetti di saporitissima panna. Il prezzo (variabile, come in tutte le grandi città del mondo) include anche un piccolo bicchiere d’acqua (rigorosamente frizzante; a volte affiancato da un bicchierino di succo d’arancia) e dei dolcetti. Biscottini al cocco, allo zucchero nero, alle spezie, barchette di pasta frolla, graziosissimi amaretti in formato mignon. Come noto, bar e caffè occupano un posto speciale nella quotidianità e nella cultura di Buenos Aires. Cantati in testi pop e tanghi, con i loro interni suggestivi composti da pannelli in legno, rifiniture in ottone, piani in marmo e l’inconfondibile sottofondo, sono popolati a ogni ora del giorno, riportando a un’epoca mitica in cui artisti, scrittori, musicisti e intellettuali erano soliti discutere le loro idee proprio davanti a una tazza di aromatico caffè. Il nostro preferito – per cappuccino, atmosfera, banconi, graffiti alle pareti, collocazione sulla mappa geografica, grado di intensità del tango di sottofondo e gentilezza dei camerieri – è il Bar San Telmo su Plaza Dorrego. Ve lo consigliamo il sabato, in tarda mattinata: la piazza non è ancora “sconvolta” dal mercato di antiquariato e artigianato che lo travolgerà la domenica (la Feria de San Pedro Telmo, quando tutta la zona diventerà area pedonale), ma i banchi iniziano a costruirsi. L’atmosfera e il gusto ci sono tutti. E anche un tavolino libero.
Giulia Galeotti

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BOCCONI AMARI?

L’attacco ai mangioni non conosce pause. A supportare la campagna mondiale contro l’obesità, ormai priorità nel “programma salute” di tutte le società occidentatli, arriva la forchetta elettronica. Tra smartphone, tablet e tv intelligenti, al Consumer Elettronics Association, la più importante convention dell’elettronica che quest’anno si è tenuta a Las Vegas, la grande novità è stata la forchetta elettronica che si collega al web e ti dice come e quanto mangi. Progettata dall’ingegnere francese Jacques Lepin,  ha al suo interno speciali sensori in grado di memorizzare, nel corso della giornata, l’orario di inizio e di fine pasto, il numero di forchettate portate alla bocca e la velocità. Se fai due forchettate in meno di dieci secondi, un led rosso comincia a lampeggiare (pensate che ansia!), avvertendoti che ti stati ingozzando. I dati registrati dalla forchetta, su come e quanto mangi, scaricati sul PC  grazie ad un’uscita USB, sono elaborati da un ferreo programma che crea il tuo profilo e progetterà un coaching personalizzato che dovrebbe aiutarti a mangiare meno e meglio. Come al solito lo studio ha la pretesa di partire dalla “scienza della salute” a supporto di coloro che hanno problemi legati alla digestione o a patologie collegate all’assunzione del cibo (anoressia). Ma ai cinesi non è sfuggita l’occasione del business: la Hapilabs, una società di Hong Kong, si è buttata subito sull’affare puntando sul mercato fervido delle diete, presentando la nuova smartforchetta al prezzo di 75 euro. Insomma tra i nuovi gioielli dei giganti dell’elettronica, stavolta non è saltato fuori un boccone particolarmente prelibato.
Ivana Santomo

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Caro Cupido, un fiore in bocca può servire?

“Un fiore in bocca può servire…”, cantava Battisti. “Purché sia italiano…”, aggiunge oggi la Confagricoltura. E spiega: se per San Valentino tutti gli innamorati regalassero un bouquet di fiori made in Italy, sarebbe una bella iniezione vitale per un settore che, come tanti altri, soffre profondamente gli effetti della crisi economica. In fondo, a guardare i dati, degli ultimi due anni, si tratta di una tendenza consolidata: quasi un italiano su due, affida ai fiori le palpitazioni del proprio cuore e onora la festa di Cupido soprattutto con le rose rosse. Solo che spesso, non controlla la provenienza o per risparmiare un po’ acquista mazzi cresciuti in serra, senza aver mai visto la luce del sole a migliaia di chilometri da qui. Mazzi, ci tiene a sottolineare il Presidente dei florovivaisti italiani, meno colorati, duraturi e autentici. Ossia all’opposto di come dovrebbe essere ogni amore che si rispetti. E noi raccogliamo il suo appello, sacrificando sull’altare della crisi, sia una certa diffidenza nei confronti di questa festa tanto “american”, sia il desiderio – se proprio festa dev’essere – di ricevere e scartare regali più concreti. Non per forza diamanti o pellicce…basterebbe una bella scatola di cioccolatini, seconda scelta degli innamorati, dopo i fiori secondo la Coldiretti. Non tutti infatti siamo come Concato che nelle “domeniche bestiali” al fianco della sua amata “ogni tanto mangia un fiore e lo confonde col suo amore”. I più hanno ben presente la differenza tra un petalo e una scaglia di cioccolato. E preferiscono la seconda. Al contempo però sanno aspettare: vada per i fiori il 14 febbraio, ma all’appuntamento successivo presentatevi con un bell’assortimento di cioccolata. A conferma che, quando si è innamorati, ogni giorno è buono per far festa.
Silvia Gusmano
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“I dolci dell’amore”: una nuova via della missione

Cucinare per gli altri è una manifestazione d’amore. Una verità portata alle estreme conseguenze da uno scrittore cattolico di Taiwan che nel suo libro, I dolci dell’amore, presenta una nuova via all’evangelizzazione: i fornelli. Partendo dai presupposti che “esistono tanti modi per far conoscere il messaggio di Gesù” e che “mangiare insieme è una cosa che accomuna tutti i popoli a qualsiasi latitudine”,  John Jia immagina il cibo come la nuova frontiera dell’opera missionaria. Da qui l’idea di un libro che raccoglie 50 ricette di torte, pensate e cucinate per prendersi cura degli altri. “Ho avuto modo di viaggiare e conoscere molta gente – ha raccontato John Jia ad Asianews – ed ho intervistato monaci, padri, suore, mamme, cuochi e portinai: a tutti ho chiesto quale fosse il loro dolce preferito e poi ho raccolto le 50 migliori ricette e le ho pubblicate, con l’idea  che attraverso le torte puoi comunicare l’amore! L’amore dei genitori, degli amici, dei compagni di lavoro, passa spesso attraverso i dolci, e a maggior ragione si può dire lo stesso dell’amore di Gesù”. Così mentre in Italia, al Festival delle Scienze, si conferma che la ricetta per la felicità passa anche dalla cucina, a Taiwan, dove “I dolci dell’Amore” sta andando a ruba, si scopre che anche lo spirito si può prendere per la gola.   
Silvia Gusmano

 

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“Esiste una formula della Felicità?”

Si è concluso il Festival delle Scienze all’Auditorim Parco della Musica di Roma. Il tema di quest’anno: “Esiste una formula della Felicità?” Tra i big della scienza, premi nobel, illustri filosofi e matematici, ospiti di eccezione per la prima volta, c’erano cuochi ed esperti della letteratura eno-gastronomica afrodisiaca. Tanto per affermare che la felicità è una cosa seria e la ricetta per raggiungerla passa anche dalla cucina. Il legame tra cibo e benessere è da sempre convinzione universale, lo testimoniano il proliferare di trasmissioni sul cibo, l’esplosione di blog e ristoranti che realizzano corsi di cucina e cultura eno-gastronomica. Il legame stretto, tra alimentazione e sfera psicologica è riconosciuto dalla scienza. lo stesso Ippocrate suggeriva di usare il cibo come medicina per il corpo e per la mente. Ma il festival delle scienze ha posto la sua attenzione non sul cibo come buona fonte di energia fisica, ma come fonte di benessere, tranquillità a livello psichico, come contrasto agli eventuali sintomi depressivi, ansiogeni e di stress. Una sana alimentazione ha la  capacità di mantenere la buona salute, ma un adeguato apporto di cibi “coccola” sono fonte di felicità. Gli alimenti che ci piacciono ci donano immediatamente un senso di benessere, capaci in un sol boccone di risollevarci dalle fatiche di un’intera giornata. E non è detto che gli alimenti “coccola” facciano male. Il cioccolato, l’antidepressivo per eccellenza, stimola le endorfine solo a sentirne l’odore, basta scegliere quello fondente, meno grasso e calorico. Alcune ricerche hanno dimostrato che anche le vitamine di frutta e verdura e gli omega 3 del pesce azzurro mettono subito in circolo “sostanze della felicità”. Per non parlare delle fragole e dei mirtilli che contengono antiossidanti che migliorano l’umore e mantengono il cervello giovane. Insomma la lista sarebbe infinita, la regola: scegliere quello che ci piace di più, ma con equilibrio.
Per un menù all’insegna del piacere vi diamo appuntamento a San Valentino!
Ivana Santomo

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Madama Ricetta nasce all’ombra del Senato dall'alleanza di tre colleghe ... leggi la storia

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