Crema pasticcera
1 litro di latte, 200g di tuorli (circa 9 tuorli), 210g di zucchero, 50g di maizena, 20g di farina, 20g di fecola, (se volete adoperare solo un prodotto usate 80g di maizena), aromatizzare con una stecca di vaniglia
Mettere 800g di latte a bollire con lo zucchero e la vaniglia. In una ciotola, a parte, sbattere i tuorli con le farine e 200g di latte. Aggiungere al latte bollente il composto di uova sbattute e continuare a mescolare con la frusta, appena riprende il bollore spegnere il fuoco e continuare a sbattere per qualche minuto.
Questa è un’ottima crema al cucchiaio, se invece volete usarla per farcire una torta aggiungete alla crema, appena tolta dal fuoco, 14g di gelatina in fogli precedentemente ammollati nell’acqua fredda e strizzati, e sbattete energicamente con una frusta, o uno sbattitore elettrico ad immersione e quando è fredda frullatela nuovamente con lo sbattitore elettrico ad immersione e aggiungete 250g di panna montata.
La panna alleggerisce la crema rendendola più soffice e la gelatina, la terrà ben ferma quando taglierete a fette la torta.
Se la consumerete abbinata alla frutta potete sostituire la stecca di vaniglia con la buccia grattugiata (solo la parte gialla) di un limone
Valentina
QUATTRO CHIACCHIERE SU MIRO’
“Noi catalani riteniamo che sia necessario tenere i piedi ben piantati a terra se si vuole compiere un salto. Il fatto di potermi posare a terra di tanto in tanto mi consente di saltare più in alto.” (Joan Mirò)
Nato a Barcellona il 20 Aprile 1893, Joan Mirò farà del viaggio il tema dominante della sua vita; un percorso dentro se stesso e nell’arte, dal rosso delle rocce catalane ai colori di Parigi. Dai suoi viaggi tornerà sempre carico di colori e forme, di emozioni e stimoli che influenzeranno poi la sua produzione artistica. Determinanti si riveleranno per lui anche alcuni compagni di viaggio, brevi frequentazioni, amicizie ed incontri, da Picasso a Klee, portatori di suggestioni che entreranno a far parte della sua interiorità e che saranno destinate a rimanervi per sempre. Come molti artisti della sua generazione, egli desiderava esprimere qualcosa di infinito e minimale, per questo inizialmente si occupò di ricercare le sue radici affondate nella terra bruna di Catalogna provando poi a rappresentarle attraverso l’inafferrabile soffio vitale della pittura. Intorno al 1924 la conquista surrealista dell’inconscio cominciò a influenzare la sua produzione, in quell’anno appare il Primo manifesto surrealista e Mirò dipinse Il Carnevale di Arlecchino, un’opera all’interno della quale la straordinaria capacità di invenzione dell’autore venne esaltata dalla ricchezza formale e dall’attenzione per il dettaglio. Il dipinto rivelava uno straordinario schema compositivo, cioè una distribuzione su tutta la tela di pesi e contrappesi che, sotto forma di divertenti creature della fantasia, festeggiavano il carnevale all’interno di una stanza. Sulle note giocose di un chitarrista meccanico i personaggi cominciarono ad assumere forme familiari: il pupazzo della scatola sbuca fuori da un tronco, il pesce giallo giace sul tavolo, appare una scala, vi sono fiamme, stelle, foglie, coni, cerchi, dischi e linee. Ogni particolare ha un suo ritmo e allo stesso tempo è legato a quello degli elementi circostanti, la figura di Arlecchino non domina la scena ma è perfettamente inserita all’interno di una composizione più ampia dalla quale però non viene fagocitato, riuscendo così a mantenere l’equilibrio totale senza dominarlo. Il quadro che si presenta in apparenza come un sogno divertente e bizzarro, insieme ad altre opere simili, valse a Mirò la fama di “pittore infantile” (J.J.Sweeney, 1941), per via di quell’allegria e frivolezza senza pari. In realtà quello che ad un primo sguardo appare come una danza confusa e senza senso, è frutto, come lo stesso autore ebbe modo di dichiarare, di allucinazioni serali provocate dalla fame di intere giornate a digiuno, a cui in un secondo momento si univa la sperimentazione di dimensione, forma, colore e movimento. Senza volere entrare nel merito delle allucinazioni di Mirò, in tema di colore e movimento preferiamo unirci idealmente a quella festosa scorribanda dell’opera, con le maschere della nostra tradizione, Arlecchino e Colombina, Brighella e Corallina, Pantalone e Capitan Spaventa, per godere del Carnevale italiano, quello di una volta, tutto coriandoli e stelle filanti. Un Carnevale che si consumava per le strade, nelle case e non… nei Palazzi! E tra arte, maschere e feste, come la mettiamo con la gola? Piaceri che, come in ogni festa che si rispetti, debbono giocoforza essere luculliani. E così è, se pensiamo alle mille e più tradizioni gastronomiche che accompagnano il Carnevale italiano. Così chiacchierando qua e là, da nord a sud, diamo libero sfogo a nastri e losanghe, fettucce e quadrotti, rettangoli e rombi, tagliatela come più vi piace, la pasta dolce tirata sottile sottile con il mattarello, che si lascia liberamente plasmare dalla nostra fantasia. E parlando di bugie, lattughe, frappe e cenci, possiamo anche scoprire che se incontrano il sale possono diventare gnocco. E allora tuffiamoci per qualche giorno in un sano divertimento, indossiamo le meravigliose maschere della nostra tradizione, concedendoci anche, qualche eccesso gastronomico.
Cecilia Puleo
CHIACCHIERE DI CARNEVALE
350 g farina 00, 2 uova, 100 g zucchero, 1 bustina di lievito in polvere, 2 cucchiai di latte tiepido, 3 cucchiai di Malvasia, scorza di mezzo limone non trattato, cacao in polvere, zucchero a velo, olio di arachidi per friggere
Sciogliete il lievito nel latte tiepido. Setacciate la farina e disponetela sul piano di lavoro a fontana, mettere al centro le uova, lo zucchero il lievito con il latte, la Malvasia, la scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale. Lavorate il tutto con le mani fino ad ottenere un impasto elastico. Fatene una palla, coprite e lasciate riposare per un’ora. Poi con un mattarello stendete la pasta in una sfoglia sottilissima e con la rotella dentata tagliate dei rettangoli. Friggete in immersione in olio bollente (circa 180°) finché avranno preso un colore dorato. Scolate, fate raffreddare e spolverate di zucchero a velo o di cacao in polvere.
GNOCCO FRITTO
500 g di farina bianca 0, 25 g di lievito di birra, 15 g di sale, aghi di rosmarino, 1 litro di olio di arachidi, 100 g di parmigiano grattugiato,
Sciogliete il lievito nell’acqua tiepida e incorporatevi la farina, aggiungendo il rosmarino tritato finemente e il sale. Lavorate il tutto con le mani fino ad ottenere un impasto compatto e lasciate lievitare per un’ora. Scaldate l’olio in una casseruola capiente. Stendete la pasta con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia sottile, dividetela in strisce e ritagliate nella forma che preferite. Friggete, scolate in carta assorbente, salate leggermente e cospargete di parmigiano grattugiato.
Farro all’abruzzese
Ingredienti per quattro persone: -250 g di farro spezzato, -200 g di guanciale di maiale ben stagionato, -mezzo peperoncino, -un bicchiere di salsa di pomodoro, -formaggio pecorino, -due cucchiai di olio extravergine di oliva, -una cipolla, -400 g di polpa di pomodoro, -basilico, -sale.
Tagliate il guanciale a dadini e fatelo soffriggere nell’ olio insieme alla cipolla tritata ed al peperoncino. Quando sarà ben rosolato aggiungete la polpa di pomodoro, il basilico e la salsa di pomodoro. Nel frattempo cuocete il farro in 1 litro e mezzo di acqua e dopo circa mezz’ora di cottura toglietelo dal fuoco, scolatelo, e mettetelo nella pentola con il sugo, fatelo amalgamare per qualche minuto -se necessario aggiungete qualche cucchiaio di acqua di cottura del farro-. Servite con abbondante pecorino grattugiato.
Gattocherampica
Pollo fritto speziato con salsa yogurt e cetrioli
1 petto di pollo intero
1 cucchiaino curry
1 cucchiaino paprika
1 cucchiaino tandori
2 cucchiai salsa di soya
2 vasetti di yogurt
1 cetriolo medio
1 spicchio d’aglio
1cucchiaio prezzemolo tritato
Sale pepe
Pangrattato
Tagliare il pollo a pezzetti di 4/5 cm. metterlo in una ciotola con la salsa di soia, la paprika, il curry, il tandori, e lo yogurt. Mescolare bene e lasciare riposare 2/3 ore in frigo. Scolare leggermente e passare direttamente nel pangrattato. Metterle nell’olio caldo e farle diventare belle dorate.
Per la salsa: tritare l’aglio, tritare finemente la buccia del cetriolo. Mischiare il tutto con lo yogurt, aggiungere il prezzemolo tritato e aggiustare di sale e pepe. Servire la salsa a specchio sul piatto con sopra i pezzetti di pollo fritto.
Valentina
Totani ripieni di patate, pistacchi e prugne secche su vellutata di sedano rapa
Per 2 persone: 4 totani puliti, 3 patate, 1 sedano rapa, 6 pz prugne secche denocciolate, 1 cucchiaio pistacchio tritato, 1/2 bicchiere panna da cucina, 4 fettine sottili di pancetta, 1 cucchiaino di burro, Olio evo, Latte q.b.,Acqua q.b.
Tagliare le patate a tocchetti e farle bollite. Pulire il sedano rapa, tagliarlo a tocchetti e cuocerle in metà acqua e metà latte coprendolo completamente. Intanto mettere la pancetta in forno a 180 gradi per 10 min (finche non risulterà croccante). Una volta cotte le patate prenderne i due terzi e schiacciarli con la forchetta. Aggiungere sale e pepe, un cucchiaio o 2 di latte fino a renderle cremose. Incorporate ora le prugne tagliate a pezzettini e i pistacchi. Con questo composto farcire i totani e chiudere l’estremità con uno stuzzicadenti. Scolare il sedano rapa una volta cotto, sciacquarlo da eventuali residui di latte e frullarlo con le restanti patate lesse. Aggiungete un po’ di panna liquida per ottenere la giusta cremosità. Ora, a fuoco vivo, rosolate i totani in padella con un cucchiaio d’olio extra. Quando saranno belli dorati abbassate la fiamma e fate cuocere per altri 8/10 min. Servirli caldi, privati dello stuzzicadenti, su un letto di purea di sedano rapa, e le chips di pancetta croccante.
Valentina
Ravioli rosa
Per il ripieno: 2 filetti di trota salmonata, 1 patata, 1 tuorlo d’uovo, olio e burro, salvia, erba cipollina fresca, sale e pepe
Per il sugo: 1 filetto di trota salmonata, 1 scalogno, 3 pomodori maturi, vino bianco secco, maggiorana, peperoncino e menta
Per la sfoglia: 2 uova, 2 etti di farina 00
Per il ripieno: lessare la patata, pelarla e schiacciarla ancora calda. Cuocere i filetti di trota salmonata in burro, olio e salvia e salarli, una volta cotti toglierli dal condimento e sbriciolarli con la forchetta eliminando le eventuali spine. Tenerne uno da parte e l’altro va unito alla patata precedentemente schiacciata, aggiungere con il tuorlo d’uovo e poca erba cipollina tritata fresca. Mescolare bene fino ad ottenere un impasto morbido. Per il sugo: Tritare finemente lo scalogno e farlo appassire nell’olio, aggiungere un peperoncino tritato, ridurre in dadolata i pomodori e unirli allo scalogno cuocendoli assieme per qualche minuto. Aggiungere poi il filetto di trota tagliato a cubetti, sfumando con il vino bianco. Aggiungere poi sale, pepe e maggiorana e menta e finire la cottura. Preparate una sfoglia sottile e ritagliare dei quadrotti di pasta mettendo il ripieno al centro, chiudere la pasta formando dei triangoli facendo attenzione che siano ben chiusi. Cuocerli in acqua abbondante salata, e condirli poi con il sugo preparato.
Ilgattocherampica
Una tira l’altra, ma non sono ciliegie!
A Palermo, il 13 Dicembre si celebra l’anniversario del martirio di Santa Lucia, avvenuto nel 304 d.C. La Vergine, Santa patrona della città di Siracusa è la protettrice degli occhi e della vista ed è una delle sante più venerate nel capoluogo siciliano. L’intreccio di storia e leggenda narra che i palermitani stretti nella morsa della carestia implorarono la Santa, che li esaudì facendo arrivare nel porto di Palermo un bastimento carico di grano. I palermitani per l’urgenza di sfamarsi non lo trasformarono in farina, bensì lo consumarono bollito e quasi scondito; fu così che nacque la “cuccìa”. Oggi la cuccìa si è trasformata in un dolce semplice ma goloso, perché il grano bollito, viene mischiato ad una crema di ricotta o di latte, a delle scaglie di cioccolato e a pezzetti di frutta candita. Altro piatto tipico della tradizione sono le ”arancine” e comunque tutte le pietanze a base di riso o di patate (timballi gateaux etc) in quanto non contengono quella famosa farina che la tradizione vuole, per l’intera giornata, esclusa dalla tavola dei palermitani. Il giorno di S. Lucia, infatti, è anche detto la festa dei panettieri che per l’intera giornata mantengono spenti i loro forni. Ma, come spesso accade a Palermo, questo giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare arancine in abbondanza, piccole o grandi, oggi realizzate anche con fantasiosi ripieni, buone ed invitanti, calde calde e una tira l’altra.
La ricetta tradizionale, passatami da mia madre prevede:
Riso per risotti 1 Kg, Burro 100 gr, Olio e.v.o. 50 cc, Brodo di carne 2,500 lt. o in alternativa brodo granulare, Alloro, Zafferano 2 bustine, Sale
Per il ragù: Carne trita 300 gr, Piselli surgelati 300 gr, Cipolla 1, Sedano 1 costa, Carote 2, Olio e.v.o, Pomodori pelati 500 gr, Sale e pepe
Per la pastella: Farina bianca, Pangrattato, Acqua, Sale
In un capiente tegame, mettere a freddo: riso, brodo, burro, foglia di alloro, zafferano e sale, quando il liquido si sarà assorbito, togliere dal fuoco e mantecare il riso con 50 cc. di olio e 200 gr. di parmigiano grattugiato. Disporre il riso in un piatto e fare raffreddare. Preparare il ragù. Soffriggere cipolla, carota, sedano e appena le verdure si saranno appassite aggiungere la carne trita, fare tostare e bagnare con il vino bianco, farlo evaporare ed aggiungere i pomodori pelati e i piselli, regolare di sale e pepe e fare cuocere. Il ragù, a cottura ultimata, deve risultare abbastanza denso. A questo punto confezionare le arancine. Tenere a portata di mano una ciotola con acqua per bagnarsi le mani e non fare attaccare il riso. Mettere nell’incavo della mano una parte di riso, spianarlo e fare una nicchia al centro, riempirla con una cucchiaiata di ragù e con la stessa quantità di riso usata prima, ricoprire e compattare una pallina, disporre tutti le arancine in un vassoio. Quando tutte le arancine saranno confezionate, mettere a riscaldare l’olio in un tegame, profondo tanto quanto basta affinchè le arancine siano completamente coperte dall’olio durante la frittura e passare alla preparazione della pastella. In una terrina sciogliere acqua e farina bianca fino a formare una pastella fluida. Prendere l’arancina, con l’aiuto di un cucchiaio spandere la pastella su tutta la sua superficie, passarla velocemente nel pangrattato e friggerla in immersione in un tegame capiente. Fare dorare le arancine, scolarle su carta assorbente e quando la temperatura lo consente mangiarle!
Ah, vi starete forse chiedendo perchè arancina e non arancino. Perchè per i palermitani tutto ciò che è molto buono è quasi sempre declinato al femminile.
Cecilia Puleo
La zuppa di Vale
3 cipolle miste (rosse, dorate, bianche), dado vegetale, 4 fette di pane toscano, 100 g di formaggio a fettine (fontina e Emmental), 1 foglia d’alloro, 50g di reggiano grattugiato, sale, pepe, olio e.v.o., brodo vegetale
affettate sottilmente le cipolle e mettetele in padella con 2 o 3 cucchiai d’olio, fate soffriggere appena senza far prendere colore, poi aggiungete un litro e mezzo di brodo vegetale, la foglia d’alloro, regolate di sale e pepe e fate bollire per una mezz’ora. Tostate il pane e mettetelo spezzettato sul fondo di una terrina da forno (adatta per una porzione individuale) mettete sopra le fettine di formaggio e coprite con il brodo di cipolle. Spolverizzate con il parmigiano grattugiato e passate in forno per 10 minuti, di cui 4 con il grill acceso.
Valentina
Marmellata di cipolle
Adoro la marmellata di cipolle, preparata solo con zucchero, alloro, chiodi di garofano e un po’ di Cognac. E’ deliziosa sui formaggi, meravigliosa su quelli più stagionati, o forti come il gorgonzola, ma è adorabile anche con le carni da quelle più saporite, come il maiale o la selvaggina a quelle più delicate. Ne esalta il gusto, senza sovrastarne l’aroma e il sapore. Per la marmellata uso la cipolla rossa di Tropea non solo perché è di un bel colore rosso ma per il suo sapore più dolce rispetto alle altre.
In una ciotola metto un kg di cipolle tritate finemente, copro con un bicchiere di vino e uno di aceto (bianco per le cipolle bianche rosso per le cipolle rosse) lascio riposare per una notte. Al mattino le sciacquo le rimetto nella ciotola e aggiungo 300g di zucchero (meglio se un po’ bianco e un po’ di canna), due foglie di alloro, 2 chiodi di garofano, un pizzico di sale e lascio riposare per un paio d’ore, poi tolgo gli odori. Le metto in padella e le faccio cuocere per circa mezz’ora, alla fine sfumo con il cognac, faccio asciugare e spengo. Conservo la marmellata bollente in barattolini sterilizzati (capovolti e coperti fino a che non si raffreddano).
Potete aumentare gli aromi se la volete più speziata, aggiungere anche rosmarino o timo e una grattugiata di zenzero fresco.
Valentina
ARINGHE MARINATE IN SALSA DI PERE
Ingredienti per 4 persone: 8 filetti di aringhe affumicate, ½ litro di latte, 2 cipolle bianche, aceto di mele, semi di coriandolo, pepe nero in grani, alloro e prezzemolo, 1Kg. di pere Kaiser, 100 gr. di zucchero, senape forte
Mettete i filetti di aringa a bagno nel latte per circa un’ora. Preparare una marinata con: un bicchiere di acqua e mezzo bicchiere di aceto, le cipolle tritate, 4 cucchiai di zucchero, un cucchiaino di semi di coriandolo, uno di pepe e le erbe. Portate a bollore, coprite e fate cuocere a fuoco basso per 5 minuti e fate raffreddare. Risciacquate le aringhe, asciugatele e disponetele in un piatto da portata leggermente fondo. Eliminate gli aromi e versate la marinata sul pesce, e conservare in frigo per almeno 12 ore. Intanto preparare la salsa: fate sobbollire 80 gr. di zucchero in mezzo litro di acqua fino ad ottenere uno sciroppo. Pelate le pere, tagliatele a spicchi privandole del torsolo e mettetele a cuocere nello sciroppo finchè saranno morbide. Sgocciolatele, frullatele e lasciatele raffreddare. Aggiungete un cucchiaino di senape, mescolate e servite la salsa con le aringhe.
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