agorà
Con le Palme facciamoci più belli i giardini
Per chi lo avesse perso, negli ultimi mesi si è parlato sempre più di olio di palma. Un olio presente in moltissimi prodotti confezionati, soprattutto nei dolci da forno industriali come biscotti, merendine, cracker, …ecc. Ma l’olio di palma non è proprio il massimo per il nostro organismo, camuffato dietro la generica dicitura di “olio vegetale”, contiene un’alta quantità di acidi grassi saturi che in questo prodotto superano il 50%. Grassi estremamente dannosi per il sistema cardiocircolatorio, responsabili della produzione del colesterolo LDL. Nel 2014 la legge europea ha imposto di dichiararlo esplicitamente tra gli ingredienti in etichetta e i produttori sono entrati in allarme. Giornali e social network hanno iniziato una campagna informativa e industriali e grosse catene di supermercati hanno dichiarato che questo grasso tropicale sparirà dai loro prodotti. In questa campagna i consumatori sono diventi parte attiva, segnalando i prodotti privi di olio di palma.
In Ripubblicato perVoi vi segnaliamo due articoli informativi il primo di Altroconsumo “Olio di palma: ecco perché è meglio evitarlo” e Vi rimandiamo alla fonte originale per visionare la lista completa redatta da Il Fatto Alimentare (in continuo aggiornamento) con i prodotti senza l’olio di palma.
Il caschetto di Sonia (tra vip e involtini primavera)
Il suo nome cinese significa “Aurora” ma a Roma tutti la conoscono come Sonia. “L’ho scelto – racconta – perchè è facile da pronunciare (senza ‘r’!) e ha due sillabe come la maggior parte dei nomi nel mio Paese”. Sonia Zhou è la proprietaria di Hang Zhou, uno dei ristoranti cinesi piú famosi della capitale. E’ arrivata a Roma nel 1991 per raggiungere il marito e lavorare come cameriera nel locale di un parente, in via San Martino ai Monti. In Cina, alle cure della sua mamma, ha lasciato una bimba di un anno e mezzo. Qui si è data da fare, molto e bene. Quando il suo datore di lavoro è emigrato in Germania, ha rilevato l’attività e l’ha fatta crescere di anno in anno. Fuori dalla porta del suo ristorante, sempre una gran fila. Qualche anno fa, si è trasferita in un locale più grande in via Principe Eugenio e ancora l’estate scorsa, con alcuni lavori di ristrutturazione, l’ha ampliato ulteriormente. Oggi Hang Zhou conta fino a 150 coperti e le sue pareti sono tappezzate di foto di Sonia abbracciata a vip di ogni genere: da Nanni Moretti a Massimo Ghini, da Lorella Cuccarini a Renzo Arbore. La crisi non l’ha sentita, merito, oltre che della fama del suo ristorante, anche della squadra che lo manda avanti: “praticamente tutti parenti – spiega ridendo-, da mia sorella a mia figlia, fino al pezzo da novanta: mio cognato, il cuoco”. I piatti che propongono sono una giusta via di mezzo tra il menù classico e più banale di chi mangia cinese solo ogni tanto, senza capirci molto e non va più in là del pollo alle mandorle e una discreta varietà di piatti più raffinati per i veri amanti e conoscitori del genere. Ma il segreto del ristorante e del suo successo è senz’altro lei, Sonia, che a 46 anni, già nonna di una nipote e a breve di due, sembra ancora una ragazzina. Con il suo look gioca e si diverte, sfoggiando vestiti colorati e pettinature sempre diverse (mitico il caschetto). In linea con la sua vitalità e il suo senso dell’umorismo. Anche lei è un’imprenditrice straniera, come le altre che abbiamo raccontato su queste pagine nelle scorse settimane e fa parte in quanto tale di una categoria in espansione che, a dispetto della crisi e delle statistiche sul settore, sta dando una botta di vitalità alla nostra economia in stallo. Anche lei, come Elsa, fa parte del progetto Strane Straniere (www.stranestraniere.com)
Silvia Gusmano
A suon di rovesci
La cioccolata della discordia
Accapigliarsi per la cioccolata in una classe d’asilo. Niente di più normale…se a litigare fossero i bambini. Più preoccupante se sono le mamme. O meglio una mamma e la maestra, con pesanti ricadute su tanti altri adulti coinvolti. Questo il fatto: una vecchia suora che insegna da quarant’anni (e ha più energie del 90 per cento delle mamme moderne) tiene in classe un armadio pieno di leccornie (cioccolata compresa) con cui far contenti di tanto in tanto i bambini (di tre e quattro anni). Una mamma X, conoscendo tale abitudine, si permette di mandare a scuola (tramite la nonna) alcune uova pasquali aperte e non consumate da aggiungere al prezioso bottino. Una mamma Y, convinta che ciò attenti pericolosamente alla salute del suo bambino, non ci vede più dalla rabbia. Dopo una bella scenata in classe, manda al resto dei genitori una e-mail al vetriolo contro suora, mamma X e velatamente mamma Z (professione pediatra) intervenuta a sostegno della suora: un accorato appello contro gli zuccheri raffinati e la cioccolata di dubbia provenienza. La mamma X ribatte tranquillizzando le “colleghe” almeno sull’origine delle uova incriminate: “sono state conservate in luogo asciutto e sicuro”. Il giorno dopo all’entrata e all’uscita di scuola, bronci, occhiate furtive, bisbigli vari sulla vicenda, sguardi indagatori per capire le varie fazioni (pro suora/pro mamma Y). Due giorni dopo al saggio di fine anno, ancora tanta tensione in platea a disturbare orgoglio e commozione delle famiglie riunitesi al gran completo per ammirare le prodezze dei propri pargoli. Grande lezione per i bambini. Hanno imparato che la cioccolata è veleno (e di certo si d’ora in poi si asterranno dal mangiarne…), che le mamme predicano bene e razzolano male (proibito litigare da piccoli, ammesso da grandi), che anche la massima autorità – la maestra – può essere violentemente contestata e che è giusto perdere le staffe quando in ballo ci sono principi inviolabili (come la cioccolata). Una lezione a 5 stelle che li aiuterà ad affrontare meglio la vita.
Mamma Q
La signora delle Spezie
È iniziato tutto con la vaniglia. O meglio con l’intuizione geniale di una signora venuta da lontano: Edith Elise Jaomazava. Nata in Madagascar nel 1970 e giunta a Moncalieri (Torino) per seguire l’ex marito italiano nel ‘97, questa donna ha realizzato un connubio perfetto tra le ricchezze del suo luogo d’origine e le esigenze del suo nuovo paese. “All’inizio è stata molto dura – racconta –. Ero una negra in una città molto chiusa. Non trovavo lavoro se non come baby sitter e volevo qualcosa di più stimolante. Così ho fatto tesoro della mia esperienza familiare, un’esperienza lunga quattro generazioni: la coltivazione della vaniglia”. Edith vola in Madagascar, prende qualche chilo della preziosa spezia che in Italia si trovava quasi solo in versione sintetica e la rivende ad alcune pasticcerie di Torino. “E’ stato un successo – ricorda – e ho deciso di continuare”. In pochi mesi la neo-imprenditrice impara bene l’italiano, prende la patente, segue un corso di alimentazione, studia. E nel 2004 fonda SA.VA, azienda di import e commercializzazione di spezie che aumenta la sua offerta (e il suo fatturato) di anno in anno. Poco dopo apre anche un negozio nel centro di Torino (Atelier Madagascar) dove oggi vende quasi 40 tipi di spezie da tutto il mondo: dalla menta del Marocco alla kinoa del Perù. Nel 2010 è nominata Imprenditore Straniero dell’Anno nell’ambito del prestigioso Money Gram Award e oggi, nonostante risenta della crisi, continua a fare progetti in grande. La sua priorità è migliorare le condizioni di vita del Madagascar dove, già da anni, dà lavoro a decine di contadini (fino a 300 in alta stagione). La sua grinta e il suo ottimismo colpiscono, soprattutto quando racconta la donna che si nasconde dietro l’imprenditrice. Madre di quattro figli – di cui tre già adolescenti – che cresce da sola, Edith si descrive come una “selvaggia” che tutte le mattine, senza eccezioni, si ricarica correndo per chilometri in mezzo al verde e tutte le notti, messi a letto i figli, sacrifica parte el riposo al lavoro. La sera poi, quando può, si rifugia al Teatro dell’Opera, “dove la gente ancora mi guarda come fossi un extraterrestre”, mentre la domenica canta in Chiesa con gran soddisfazione (“sentono la mia voce, ma non mi vedono”). Descrive l’Italia come un paese accogliente, anche se “indietro anni luce, rispetto ad altri, Francia in primis”. Ciò che la fa arrabbiare, come a tutti gli imprenditori (e non solo), è la burocrazia italiana, le tasse che strozzano, le difficoltà ad avere finanziamenti. Ciò che la preoccupa, come a tutte le mamme, è il futuro che avranno i suoi figli in questo paese sempre in crisi. Ma sono preoccupazioni che tiene per sé… “per loro, infondo, è l’età dei sogni e delle speranze e poi sono certa che troveranno la propria strada, proprio come ho fatto io!”
Silvia Gusmano
A colpi di banana
Altro che frutto dell’amore. La povera banana diventa una clava in mano ai razzisti, una clava di moda negli stadi: lanciata, sbucciata, offerta a mo’ di insulto ai giocatori con la pelle scura, come si fa con le scimmie. Un simbolo potente che solo il gesto semplice, forte e carico di ironia del calciatore brasiliano Dani Alves poteva spogliare di ogni connotazione negativa. Come noto, infatti, il difensore del Barcellona, vedendo arrivare una banana dagli spalti subito prima di tirare di un calcio d’angolo, senza alcuna esitazione ha interrotto l’azione calcistica, ha raccolto il frutto e un batter baleno l’ha sbucciato e mangiato. Poi via con il calcio, alla palla e al razzismo. Che soddisfazione per chi infinite volte ha sperimentato impotenza e rabbia davanti a un exploit di razzismo! E che umiliazione per quei cervelli da gallina (ben più ottusi delle scimmie) che offrono simili spettacoli! In pochi secondi Dani li ha ridicolizzati, resi vittime della loro stessa inciviltà…più efficace di qualsiasi slogan, campagna sociale o punizione tentata sin qui. Simili episodi, infatti, non sono certo una novità. Da Neymar a Balotelli, da Roberto Carlos a Samuel Eto’o (per rimanere nella cerchia dei campioni), sono stati bersagliati a colpi di banana. E si sono, giustamente, arrabbiati, offesi, indignati. Dani invece ha scelto l’ronia e ha rispedito il colpo di banana al mittente. Una trovata geniale che ha fatto il giro del mondo. Sui social, in milioni di selfie, e in pose e imitazioni di decine di personaggi pubblici di ogni tipo. A cominciare ovviamente dal nostro Presidente del Consiglio che, quando si tratta di immagine, sta sempre sul pezzo. Anche il seguito ci è piacuito. Invitato a commentare il proprio gesto, Alves da una parte ha perdonato il suo aggressore, affermando che solo attraverso un’azione educativa incisiva si cambiano certi atteggiamenti, e dall’altra ha bacchettato duramente Spagna e Europa: “Pensano di essere tanto più evolute del Sud America – ha commentato – ma basta assitere a certi episodi per capire che non è così”. Come dargli torto?
Silvia Gusmano
Asparagi: la storia
Le prime tracce appartengono agli egizi, ma i Romani ne furono grandi consumatori, tanto ghiotti di asparagi da costruire delle navi apposite per andarli a raccogliere: le asparagus, imbarcazioni dedicate al trasporto di asparagi. Le prime pubblicazioni sull’asparago risalgono al 200 a.C. dove se ne descrivono minuziosamente sia la coltivazione che la preparazione. Ricette di Catone e Plinio che ne apprezzavano il gusto e ne descrivevano le proprietà officinali. L’asparago non è solo un contorno, ma un alimento molto versatile, protagonista in primi piatti come risotti, crepe, lasagne, minestre e zuppe; buonissimo nelle frittate, con l’uovo fritto o con le carni bianche.
Gli asparagi sono ortaggi piuttosto costosi perché hanno un alta percentuale di scarto (la parte legnosa va tagliata, e solo la parte tenera è utilizzata per la preparazione dei piatti), ma in tempi di crisi si recupera tutto. Possiamo, infatti, pulire gli asparagi tagliando l’estremità terrosa o legnosa, e preparare i germogli raschiando il gambo, legarli con del filo da cucina e lessarli o cuocerli al vapore. Scolati i germogli, per utilizzarli nella ricetta che avevamo scelto, lessiamo nella stessa acqua i gambi che avevamo scartato, precedentemente lavati e tagliati in piccoli pezzi, fino a che saranno ben cotti. Poi li passiamo con un passa verdure, aggiungendo man mano, un po’ di acqua di cottura. Mettiamo in una pentola mezza cipolla a soffriggere con 2/3 cucchiai d’olio, aggiungiamo due patate a cubetti e la crema di asparagi ottenuta con i gambi, facciamo cuocere una decina di minuti. Frulliamo con un frullatore a immersione, regoliamo di sale e pepe. Questa è un ottima vellutata da servire con crostini di pane e scaglie di parmigiano.
Nonostante la veneranda età l’asparago è sempre molto apprezzato, la cucina italiana ha recentemente realizzato una pubblicazione sugli asparagi, scaricabile gratuitamente dal loro sito. Abbiamo provato per voi alcune ricette ed ecco una proposta per un menù tutto dedicato a questo straordinario ortaggio primaverile.
Ivana
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