Lavoratori da Spremere
Non pensate che l’etichetta sia il mio chiodo fisso! Ma ancora una volta torniamo a parlare di etichettatura dei prodotti alimentari. Stavolta MadamaRicetta propone ai Parlamentari di presentare un disegno di legge sull’obbligo di esporre in etichetta: “prodotto ottenuto nel rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori”. Il monologo di Roberto Saviano, di lunedì 5 novembre a “che tempo che fa”, è solo l’ultimo di una lunga serie. Se ne sono occupati organi di stampa e trasmissioni televisive: dalla Gabanelli a Report a Riccardo Iacona in Presa Diretta. Dalle arance di Rosarno ai pomodori pugliesi, articoli di stampa e servizi nei telegiornali hanno descritto le condizioni dei lavoratori soggetti al caporalato. Ma la situazione degli immigrati che arrivano con i permessi stagionali, peggiora sempre più, senza che nessuno si degni di fare un controllo.
Nove italiani su dieci vogliono un’etichetta chiara e trasparente. Un’etichetta che non deve “sedurre” o confondere, ma piuttosto dare più informazioni possibili sui prodotti alimentari, senza trucchi né inganni. E questo vale sia per la qualità del prodotto quanto per la correttezza, la trasparenza e la legalità con cui opera un’azienda. Non si tratta solo di sapere il luogo d’origine e la provenienza del cibo che va sulla tavola, ma anche di come lo abbiamo ottenuto.
Oggi il consumatore attento vuole conoscere la “storia” di quello che mangia e tantissime sono, a tutt’oggi, le iniziative verso una “etichetta etica”, volte a dare al consumatore più informazioni sul cibo che acquista. Un’etichetta che andrebbe ad affiancare la classica etichetta prevista dalla legge sui generi alimentari, una sorta di valore aggiunto al prodotto. Lo ha proposto Slowfood all’ultimo salone del Gusto di Torino, lo avevano proposto nel 2011 la Confederazione Italiana degli Agricoltori, lanciando la prima etichetta etica con “il pomodoro Sanminiatese”.
Ma non basta più! Se conoscere le informazioni sui metodi di coltivazione è un diritto, conoscere come opera l’azienda produttrice è un dovere. E allora proponiamo bilanci annuali obbligatori e trasparenti, che certifichino quanta merce le aziende abbiano venduto, quanti dipendenti abbiano avuto e quanto sono stati pagati. E pensate se una certificazione sul rispetto dei diritti umani dei lavoratori fosse estesa per legge a tutti i prodotti importati. Per ora il consumatore più attento si limita al boicottaggio nei confronti delle più grandi multinazionali che nei paesi cosiddetti “del terzo mondo”, si rendono colpevoli di crimini indicibili nei confronti di popolazioni povere e sfruttate in nome del dio denaro.
Insomma più rispetto per quello che consumiamo, per noi e i nostri simili.
Ivana Santomo

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