grano
La forza del grano
“Secondo un antico detto, “non di solo pane vive l’uomo”. È una grande verità. Ma la panificazione, nata circa quattromila anni fa, è l’emblema della nostra civiltà. Non solo il pane è il cibo più buono che io conosca – appena uscito dal forno e intinto nell’olio d’oliva, con un pizzico di sale e uno di pepe, è ineguagliabile -, ma è stata la coltura dei cereali a spingere i nostri antenati nomadi a scegliere la vita sedentaria, da cui sono nate le prime comunità. Semina, mietitura, trebbiatura e molitura del grano non possono essere il frutto del lavoro di una persona soltanto, e così è anche per la panificazione, Il pane è sociale. Metaforicamente e no”.
La notizia della prima trebbiatura del grano al fondo Verbumcaudo, podere nell’entroterra palermitano, confiscato alla mafia e utilizzato oggi a fini sociali, è gioiosa conferma di questa bella riflessione della scrittrice siciliana Simonetta Agnello Hornby (leggi l’intera citazione). Solo la tenacia e il coraggio di alcuni cittadini, uniti nella volontà di riappropriarsi della propria terra, ha fatto sì, infatti, che qualche giorno fa si chiudesse una storia di violenza e soprusi durata oltre 30 anni.
Il fertilissimo feudo Verbumcaudo, esteso su un promontorio al confine del parco delle Madonie, viene acquistato nel ’79 dal boss di Cosa Nostra Michele Greco, grazie alla mediazione di un deputato democristiano. Come accertato tempo dopo da Giovanni Falcone, parte della modica somma usata per la compravendita proviene dal clan camorrista Nuvoletta. Al centro del fondo appaiono due piazzole utilizzate per l’atterraggio degli elicotteri nei summit di mafia. Protagonista negli anni successivi di numerosi affari illeciti e conseguenti indagini, Verbumcaudo viene confiscato nel 1987 e nella sua storia, si apre un capitolo forse più triste del precedente. A causa di una gravosa ipoteca e, soprattutto, della fangosa connivenza che si nasconde dietro la malaburocrazia e affossa ogni tentativo di cambiamento, il bene torna nella disponibilità del suo comune di appartenenza – Polizzi Generosa – solo nel 2011. Tramite l’associazione Libera di don Ciotti, l’Amministrazione locale assegna l’ex feudo alle tre cooperative ‘Placido Rizzotto’, ‘Lavoro e non solo’, ‘Pio La Torre’.
Festa grande dunque lunedì scorso a Verbumcaudo, quando dopo mesi di lavorazione su circa 140 ettari, la maggior parte dei quali seminati a grano e coltivati biologicamente, si è aperta la prima trebbiatura. Attività comunitaria e aggregativa per antonomasia, la separazione dei chicchi dalle spighe, in passato si fondava sul reciproco aiuto tra le famiglie contadine nei rispettivi poderi. Oggi, per chi lo vuol vedere, rappresenta un richiamo all’unità e alla forza che essa può generare. Un lavoro sociale, “metaforicamente e no” – che rende omaggio al gusto della legalità.
Silvia Gusmano
Siamo ancora noi “questo piatto di grano”?
Perché De Gregori, cantautore simbolo della generazione che sognava di cambiare il mondo, ha venduto una delle sue creazioni più felici al Monte dei Paschi di Siena, banca sotto inchiesta per aggiottaggio con un buco in cassa di oltre otto miliardi di euro? Per soldi, immaginiamo. E se stupirsi è banale, incazzarsi è lecito. “La Storia”, canzone mito dell’artista romano, è la colonna sonora dell’ultima pubblicità televisiva del Monte dei Fiaschi, un’autocelebrazione dai toni patriottici che fa il paio con una recente campagna di Unicredit in versione Caritas (“se sentite il bisogno di azioni concrete, aiutateci”). Umiliata, offesa, prostituita. E, soprattutto, sfigurata alle orecchie di quanti l’hanno cantata sulla spiaggia intorno al falò, davanti alla scuola appena occupata, ai concerti-evento che hanno segnato la loro crescita. Sempre credendo fortemente nel suo messaggio e nella responsabilità individuale che comporta: “la storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano”. S.G.
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