Social Shopping: l’unione fa lo sconto

Social Shopping: l’unione fa lo sconto

Ben prima dell’allarme Istat (“inflazione record del 3 per cento nel 2012″), lo avevamo toccato tutti con mano: il prezzo della spesa cresce di giorno in giorno e, dalla benzina al pane, non c’è più scampo per il portafogli. Che fare? Dove si poteva tagliare già si è tagliato. Molte famiglie hanno diminuito l’uso della macchina e, secondo gli ultimi dati della Coldiretti, consumano più pasta, gnocchi e uova e meno pesce, vino, frutta e carne (un toccasana per la salute nazionale). Meglio allora, cercare altre soluzioni, con un po’ di fantasia.  E farsi una cultura in tema di Share Economy o  social shopping, ossia di spesa condivisa. Ieri il Wall Street Journal ha decantato gli innumerevoli vantaggi di questa esperienza, in primis quello di un reale e consistente risparmio. Non è certo una novità. Da anni consumatori oculati e industriosi, si scambiano case-vacanze, condividono automobili e pacchetti viaggio, barattano oggetti e vestiti usati, si supportano vicendevolmente nelle incombenze quotidiane (vedi genitori disperati alle prese con figli ancora piccoli).  Da anni inoltre, anche in Italia, solitamente più pigra su questo fronte, imperversa il fenomeno dei gruppi d’acquisto. I più all’avanguardia sono in rete, naturalmente. Da Groupon a  Groupalia, da Livingsocial a Yoodeal, i siti di e-commerce collettivo si stanno moltiplicando al grido di “l’unione fa lo sconto!”. La filosofia di base è sempre la stessa: il consumatore-navigatore sceglie una proposta di suo interesse (una cassa di vino, una seduta dall’estetista, una cena per due, etc…), ma l’acquisto si perfeziona solo se si raggiunge un numero prestabilito di acquirenti (quorum) in un tempo predeterminato (24, massimo 72 ore). Parallelamente, soprattutto nel settore alimentare, continuano a fiorire i gruppi d’acquisto “non virtuali”, in cui il risparmio non sempre è l’unico obiettivo. Unirsi a condomini, amici o parenti per fare una spesa comune, infatti, consente di saltare tutta la filiera della grande distribuzione acquistando beni di qualità certificata direttamente da un produttore di fiducia. Ciò, soprattutto, se il gruppo è consistente, significa una bella sforbiciata al prezzo, ma nel caso dei G.A.S. (gruppi di acquisto solidale), significa anche maggiore attenzione alla salute (con la scelta, spesso, dell’agricoltura biologica) e rispetto di alcuni criteri etico-ambientali. Sempre secondo la Coldiretti, nel 2012 sono saliti quasi a 7 milioni gli italiani che hanno partecipato a esperienze del genere e quasi tre milioni lo fanno in maniera regolare. L’offerta non manca, bisogna solo esplorare le tante possibilità esistenti. Noi ci permettiamo con convinzione di consigliarne una ai nostri lettori laziali: si tratta della Biofattoria Solidale del Circeo (di cui prossimamente parleremo più a lungo – vedi il sito) che su Roma, consegna tre volte a settimana prodotti freschi, buoni e di ogni genere.
Silvia Gusmano

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