Tra opera letteraria e ricettario: l’attualità del Quattrova a 80 anni dalla sua uscita
Tra opera letteraria e ricettario: l’attualità del Quattrova a 80 anni dalla sua uscita
Quattro uova, quattro uova, cosa prepariamo con quattro uova? Un ciambellone particolarmente ricco, una frittatina ai carciofi che faccia bella mostra di sé sulla tavola della colazione di Pasqua, delle fettuccine per celebrare quei bei porcini che ci hanno regalato… Alle versatili proprietà e alle mille virtù di questo ingrediente è dedicata una piccola gemma editoriale uscita in Italia nel 1931 con il curioso titolo La cucina elegante ovvero il Quattrova illustrato. Al posto dell’autore compaiono delle iniziali, E.V., che cinque anni più tardi, quando uscirà Il Quattrova raddoppiato, si scioglieranno in un nome, Emma Vanzetti, peraltro ignoto nel mondo della letteratura gastronomica e sulla cui reale esistenza sarà forse lecito al lettore nutrire qualche dubbio. A sostegno di questa operazione si schierò un nutrito plotone di nomi illustri, a cominciare da Piero Gadda Conti (cugino dell’autore del Pasticciaccio), che allestì per il volumetto una prefazione che si apre con la combattiva dichiarazione: «Mangiare è una cosa seria. Lettore, se non sei compreso della verità e dell’importanza, veramente vitale, di questa solenne affermazione, ti compiango: questo libro non è per te». Come spesso accade con i bei libri (o le belle riviste) di cucina, il Quattrova invita a farsi sfogliare e leggere anche senza l’intenzione di metterne in pratica le ricette e le indicazioni. Arricchito da trentadue incantevoli disegni stilizzati di Giò Ponti e di Tomaso Buzzi, presenta tuttavia molti piatti ancora perfettamente realizzabili e molti suggerimenti assolutamente sensati, come la tirata contro gli eccessivi antipasti freddi, che vanno a detrimento della riuscita del resto del pasto – tema caro a tanti autori di trattati gastronomici, fin da Rajberti e dall’Artusi –, una bella rivalutazione del salutare e innovativo “crudismo vegetale” propagandato in quegli anni dal duca Alliata di Salaparuta, e un’aperta presa di posizione, in un ideale confronto tra tradizione e presente, in favore del “magnifico buon senso moderno” che è logico, parco e misurato: “stiamo con Marinetti e poca pastasciutta, signore e signorine, pochi dolci, non bevete durante i pasti”. Il Quattrova, di cui Guido Piovene scrisse: “questo è il più bel libro uscito finora in Italia nel 1931”, è stato ristampato alcune volte nel corso del Novecento, ma è ormai introvabile e sarebbe bello se qualche editore pensasse di rimetterlo in circolazione. Guardiamo le singolari immagini di cuoche di fantasia – dalla cuoca letterata alla cuoca collerica, alla cuoca angelica – e vorremmo anche noi essere come Zefirina, la cuoca veloce, pronta a soddisfare gli ospiti inattesi. E ci sentiamo a volte come Remigia, la cuoca letterata, intenta a montare gli albumi immersa nella lettura di un libro tenuto in equilibrio sulle gambe. O come Filina, la cuoca acrobata, che annaspa tra imbuti e casseruole cercando di mettere insieme un paio di ricette appetitose entro l’ora di cena. E condividiamo la gioiosa sicurezza con cui l’autrice dichiara: «noi in cucina, sicuro, facciamo dell’arte». E come darle torto?
Marta Pensi
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