Ultimo caffè in Senato
Ultimo caffè in Senato
Tra poche ore imballeremo anche lei, la tanto vituperata macchinetta del caffè, quella che “non lo fa buono come al bar”, ma in fondo in questi cinque anni ci è venuta spesso in soccorso: tutte le volte che non avevamo voglia o tempo di uscire dal “Palazzo” e di fare incontri faticosi se non sgradevoli; tutte le volte che desideravamo solo una pausa intima, due chiacchiere con una faccia davvero amica, qualcuno che ci ascoltasse, o ci distraesse. Una funzione essenziale dunque, la sua, nelle noste vite di semplici collaboratori parlamentari, o portaborse che dir si voglia. E ieri ha fatto il suo ultimo caffè in Senato. Tra le innumerevoli conseguenze del cambio di legislatura, infatti, rientra anche questa, per quanto piccola e insignificante che sia: lo stravolgimento della nostra quotidianità, la fine di consuetudini che abbiamo costruito e vissuto con grande piacere. L’atmosfera che ha accompagnato l’ultimo caffè, il giorno dopo le elezioni, non era allegra. A incupire i volti, prima di tutto, l’angoscia per il futuro, quello del Paese e quello di ciascuno di noi. Nessuno si aspettava che le menzogne di Berlusconi – sempre le stesse – venissero nuovamente strapremiate (“poveri snob”, come ha commentato Vittorio Zucconi). Nessuno si aspettava che l’antipolitica portasse in Parlamento un partito tanto forte (poveri illusi). Nessuno insomma, anche tra più critici nei confronti di questo Pd così sconclusionato (la maggior parte di noi), prevedeva questa pericolosa paralisi. C’è chi dà la colpa ai dirigenti di partito (come sparare sulla Croce Rossa), chi a milioni di elettori egoisti, indifferenti, incoscienti, ma a regnare sovrano è lo sgomento. E ora? Mentre lo spread ricomincia la sua corsa verso l’altro, qualcuno di noi rimane senza lavoro e aggiorna il curriculum, mentre chi ha il “capo” nuovamente eletto, si prepara a firmare il contratto più breve di sempre, chiedendosi quanto può durare questa legislatura orfana di maggioranza. E non è tutto. A intristire il nostro ultimo incontro in Senato, la prospettiva di perdere tante amate consuetudini quotidiane, quelle che per cinque anni, giorno dopo giorno, hanno visto fiorire amicizie allegre e preziose, a dispetto del grigiore di palazzo. Non sarà certo il cambio di legislatura a farle appassire, tanti caffè, e pranzi, e cene, ci riuniranno ancora, ma il rimpianto per alcuni vicini di stanza insostituibili rimarrà a lungo.
Silvia Gusmano
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